Intervista al poeta Angelo Lamberti

 

ANGELO LAMBERTI, POETA E DRAMMATURGO 

  • Ci può parlare brevemente della sua infanzia, degli studi che ha fatto e di come è arrivato a occuparsi di letteratura?

Sono nato nel 1942, da sfollato, nel cimitero di Castel d’Ario. Al ritorno di mio padre dalla guerra, sono venute al mondo altre tre sorelline. Sono vissuto per sedici anni, con la mia famiglia, in due stanze di quel cimitero, che all’epoca era del tutto privo dei servizi idrico-sanitari. Ho conseguito il diploma di 3° avviamento (con indirizzo agrario). Sono un autodidatta. La letteratura era il mezzo più nobile per dare corpo all’immaginazione e sconfiggere la realtà.

  • Di cosa si è occupato, materialmente, per mantenere se stesso e la sua famiglia?

Mio padre era un barbiere, ma non aveva i mezzi per acquistare una bottega sua: per dignità e per principio, non ha mai richiesto la tessera di un partito. Oltre a tagliare barbe e capelli a domicilio, si ingegnava a svolgere disparati lavori occasionali: cameriere, stradino, manovale, ecc… Da parte mia, già all’età di dodici anni ho cominciato a dare il mio contributo per la sopravvivenza della famiglia, come “uomo” di fatica presso una fabbrica di zoccoli di legno (con un impegno lavorativo di 10-12 ore al giorno). All’età di trent’anni ho avviato un’attività in proprio, portando la mia ditta ad essere una delle più qualificate in campo europeo.

  • Qual è il rapporto con l’ambiente fisico e culturale in cui vive?

Vivo (anonimamente, da emarginato) a Porto Mantovano, paese di circa quindicimila abitanti. Pochissimi mi conoscono, e quasi nessuno sa del mio amore per la letteratura. E posso affermare, senza timore di smentita, che negli scaffali della biblioteca comunale non c’è neppure l’ombra di un mio libro.

  • Citi i nomi dei poeti e degli scrittori che hanno più influenzato la sua produzione…

Franz Kafka, Umberto Bellintani, Carlo Collodi, Eugenio Montale, Gesualdo Bufalino, Giorgio Caproni, Giampiero Neri, William Shakespeare, Edgard Allan Poe, Bertolt Brecht, Albert Camus, Samuel Beckett, Luis Borges, Harold Pinter, Boris Vian…

  • Quale incisività sociale e politica ritiene possa avere ancora la letteratura?

In questa vita terrena, la letteratura ha per l’uomo la stessa importanza che ha il pane. Esempio: quando l’innamorato, semianalfabeta, scrive all’amorosa dicendole: «Te voio ben…», tra lui e Petrarca, a livello di batticuore poetico e sentimentale, non c’è nessuna differenza. Colgo l’occasione per dire che la forma di scrittura più difficile è quella teatrale. Mentre la scrittura che può favorire la crescita del conto in banca (il thrilling, il noir), io non l’ho mai esercitata.

  • Quanti volumi ha pubblicato, quanti testi teatrali ha portato sulle scene e a quali di essi tiene maggiormente?

Ho cominciato tardi a pubblicare poesia, cedendo alle insistenze di Umberto Bellintani: la mia intenzione era di tenere gli scritti chiusi nel buio e nel silenzio di un cassetto. Ho pubblicato otto volumi di versi, l’ultimo, recentemente, ha come titolo Il signor Franz K.

In teatro sono state rappresentate nove mie commedie: Risciò (con Roberto Herlitzka, al teatro Sangenesio di Roma); Descrizione di una rivolta (regia di Ruggero Jacobbi); Sonnambulismo; Sicario a domicilio; Rottami; Il risveglio... (Teatro Out-Off di Milano); Boxando-boxando (Teatro Arsenale di Milano); La strategia dello scorpione (con Cosimo Cinieri e Angiola Baggi); Un gorgo di terra (Teatro Al Valle di Roma). Non ho preferenze: ogni verso, ogni poesia, ogni battuta, ogni dramma, ogni commedia sono per me un figlio al quale ho dato vita con la parola scritta.

  • Concluda questa breve intervista con un suo verso, a cui delega un particolare messaggio da comunicare a chi legge

Un sentimento simile alla felicità / mi ha trascinato al largo, / disperso in un silenzio di dune. / Col pane rimasto intatto nelle tasche…

 

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4 ottobre 2015