ISAAC BABEL’, DUE RACCONTI FRANCESI – ENSEMBLE, ROMA 2019
Nella collana dedicata ai classici delle edizioni Ensemble, è uscito un libriccino di Isaac Babel’, Due racconti francesi, esemplare dello stile incisivo e arguto dello scrittore russo. Nato a Odessa nel 1894, Babel’ rispecchiava nella propria narrativa il clima leggendario delle tradizioni ebraiche della sua famiglia, il senso claustrofobico della persecuzione contro il suo popolo, corretto tuttavia dall’ironia e da una critica sarcastica contro l’ottusità del potere e del conformismo politico, caratteristiche che lo resero inviso al regime sovietico, e lo portarono all’arresto nel 1939, quindi alla fucilazione nel 1940. La sua produzione letteraria, giudicata estetizzante e provocatoriamente sensuale, era stata spesso sottoposta a censura.
Nella breve ma puntuale prefazione, la traduttrice del volume Sara Grosoli sottolinea la passione di Babel’ per la cultura francese (e in particolare per l’opera di Flaubert e Maupassant), che lo indusse addirittura a scrivere i primi racconti in quella lingua, aspirando a liberare la letteratura russa dalle atmosfere opprimenti di Dostoevskij e di Turgenev, e dal moralismo religioso troppo esibito di Tolstoj. Nella maturità si recò più volte a Parigi, dove madre, moglie, sorella e figlia si erano trasferite per sfuggire alla persecuzione stalinista, tornando tuttavia sempre in patria, poiché “preferiva vivere parzialmente libero, ma confortato dal successo letterario nel paese natale”, piuttosto che da émigré appena tollerato nella libera Europa. Quando venne arrestato nella sua dacia mentre era al lavoro, proclamò la sua indignata protesta soprattutto perché non gli avevano permesso di concludere ciò che stava scrivendo.
I due racconti pubblicati da Ensemble si nutrono dunque di questa ammirazione per la Francia, per la sua libertà di pensiero e di costume, per la vivacità dell’espressione formale dei suoi grandi romanzieri, lontani dalla cappa di severa integrità degli scrittori russi. Nel primo, a uno squattrinato studente ventenne viene proposto di correggere la versione di alcuni racconti di Maupassant a cui si sta dedicando una matrona dell’alta borghesia pietroburghese, Raissa Benderskaja, in una forma corretta ma del tutto inespressiva. L’abilità del giovane nel volgere lo stile dello scrittore francese in un russo elegante e incisivo gli serve per conquistare le grazie della ricca signora, che non solo gli paga profumatamente le traduzioni, ma finisce per concedersi a lui con grande passione durante la lettura comune di uno dei brani più eccitanti de La confessione. “Si strinse al muro, allargando le braccia nude… Di tutte le divinità messe sulla croce questa era la più seducente”.
Il sogghigno canzonatorio e sensuale di Babel’ è ancora più evidente nel secondo racconto, Via Dante, ambientato nel quartiere latino di Parigi, dove due ospiti dell’Hotel Danton si confidano con complicità le loro imprese amorose, quasi spiandosi vicendevolmente attraverso le pareti divisorie delle loro camere, da cui provengono quotidianamente gemiti, gridolini e risate di piacere. La voce narrante è quella di uno spaesato esule russo, il cui vicino – un rivenditore di automobili usate di nome Jean Benal-, si incarica generosamente di introdurre alle gioie carnali della capitale, facendogli frequentare bettole, bordelli, caffè e gare sportive, e soprattutto spronandolo a seguire il suo esempio di tombeur de femmes. Ma quando una delle sue più procaci amanti lo scanna con un coltello scoprendosi tradita, al malinconico rifugiato non resta che meditare sugli strani esiti dell’amore: “«Dio … tu non perdoni quelli che non amano…». Nella logora rete del Quartiere Latino era calato il buio, sui suoi gradini la folla lillipuziana cominciava a correre di gran fretta, intense zaffate d’aglio si diffondevano per i cortili. Il crepuscolo aveva rivestito la casa di Madame Truffaut: la facciata gotica con due finestre, i resti delle torrette e delle volute, l’edera pietrificata. Qui aveva vissuto Danton un secolo e mezzo fa. Dalla sua finestra vedeva il palazzo della Conciergerie, i ponti lievemente gettati lungo la Senna, la fila di casette cieche strette al fiume. Quelle stesse zaffate risalivano fino a lui. Spinte dal vento, scricchiolavano le travi arrugginite e le insegne delle taverne”.
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https://www.sololibri.net/Due-racconti-francesi-Babel.html 4 giugno 2019