RANIERI POLESE, TU CHIAMALE, SE VUOI… – ARCHINTO, MILANO 2019
Già autore nel 2017 di un interessante volume sulla rilevanza del bacio nei testi della canzone italiana, Ranieri Polese pubblica ancora con Archinto “Tu chiamale, se vuoi…”, una documentata ricerca sull’utilizzo di citazioni letterarie nella produzione musicale del nostro ’900.
Lo scambio di parole o frasi tra letteratura e canzoni è stato quasi sempre unilaterale: più frequenti sono le tracce di poesie nei testi delle canzoni (echi, titoli, analogie, recuperi) che viceversa. I modi in cui si attua questa trasfusione lessicale sono sostanzialmente quattro: reminiscenze, imitazioni, allusioni nascoste, citazioni. Inoltre, ci possono essere accostamenti inconsapevoli, addirittura inconsci, in quanto il patrimonio musicale di un paese deriva da una koinè d’uso sia generalizzata sia personale, per cui ogni fruitore può cogliere individualmente una risonanza emotiva, ignorata da altri.
La lingua usata nelle canzoni italiane tra il 1920 e il 1960 era modulata su una metrica tradizionale, disseminata di espressioni auliche, rime, assonanze, parole tronche, verbi accentati, dislocazioni di termini: lontanissima, quindi, dal parlato comune. Utilizzava sia l’eredità del melodramma, con i libretti d’opera cristallizzati in espressioni convenzionali e retoriche, sia calchi dei poeti minori dell’800, artificiosi ed enfatici, che per decenni influenzarono il lessico familiare e più estesamente quello popolare dell’intera nazione. Il canone letterario di riferimento delle canzoni nella prima metà del secolo era decisamente classico: Dante, Petrarca, Leopardi, nella maniera in cui venivano recuperati dai ricordi scolastici, secondo “gli ovvi stereotipi e i vieti luoghi comuni” del poeta innamorato e infelice, o più raramente ripresi con intento satirico o dissacratorio (Petrolini, Cattaneo, Battiato).
Dante, “Top of the Pop”, è il più citato dai parolieri nostrani, non solo nel recupero di versi e locuzioni, ma anche come personaggio, figura esemplare inserita nell’ambiente fiorentino trecentesco e memorizzata collettivamente. Nella sua Danthology, Polese ricostruisce cronologicamente tutti gli apporti danteschi al canzoniere nazionale dalla metà dell’800 ad oggi. Ricostruzione ardua, vista la scarsa reperibilità di testimonianze affidabili, parzialmente ovviata dal nascere di siti specifici su internet e dalla diffusione della Divina Commedia (soprattutto del primo, quinto e ventiseiesimo canto dell’Inferno) nella cultura contadina del passato e nella conoscenza scolastica tradizionale. L’accurato confronto tra i testi e la fonte dantesca riserva al lettore più di una sorpresa: nella miniera del sommo poeta hanno attinto a piene mani Garinei e Giovannini, Rascel, De André, Venditti, Vecchioni, Guccini, Jovanotti, Ligabue, Nannini, Baustelle. Così da tutto il repertorio dello Stilnovismo (il giovane in ginocchio di fronte alla donna angelicata, il sentimento mistico e sublimante, il messaggio amoroso divulgato al mondo intero) hanno tratto ispirazione le più note canzoni di Nilla Pizzi, Claudio Villa, Tony Dallara, Gianni Morandi, Little Tony, Lucio Dalla. Nei brani sanremesi ha spesso imperato la spiritualizzazione dei sentimenti: il sostantivo “anima” ricorre 205 volte dall’inizio della rassegna canora, a indicare la trasfigurazione quasi metafisica prodotta dall’innamoramento, proprio sulla scia dell’esempio stilnovistico.
Anche i lasciti della poesia petrarchesca sono evidenti nei testi delle nostre canzoni: il predominante e quasi esclusivo tema dell’amore irrealizzabile o perduto; la sofferenza per la lontananza; l’autoanalisi del protagonista maschile; il linguaggio medio, mai innovativo o sperimentale, accessibile a tutti i livelli; il riferimento alla natura e agli animali; la puntualizzazione temporale (ore, giorni, mesi, stagioni); il nome di Laura ripreso in molte composizioni (Nek, Michele, Tony Renis, Vasco Rossi, Vecchioni).
Per quanto riguarda l’influenza di Giacomo Leopardi nella letteratura, nel cinema e nelle canzoni, Ranieri Polese parla addirittura di “leopardimania”, per i continui richiami alla giovinezza fugace, ai palpiti del cuore, al cielo e alla notte, all’infinito e all’eternità, alla solitudine, alla morte e alla rinascita che ritroviamo ovunque: allusioni se non esplicitate, perlomeno riscontrabili nella ricreazione di atmosfere particolari. Pure qui, gli esempi offerti dall’autore del volume sono numerosi e puntuali.
Nelle due appendici finali vengono affrontati i casi in cui le canzoni riprendono versi o titoli di libri di autori stranieri (Villon, Lee Masters, Ginsberg, Poe, Baudelaire, Sagan) o recepiscono echi della poesia erotica di Catullo e Saffo. A testimonianza della vastità degli interessi culturali di Ranieri Polese, spazianti attraverso epoche e argomenti diversi, arricchiti da dettagliate informazioni bibliografiche e di cronaca, resi in uno stile vivace e accattivante.
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https://www.sololibri.net/Tu-chiamale-se-vuoi-Polese.html 2 dicembre 2019