ALDO NOVE, POEMETTI DELLA SERA – EINAUDI, TORINO 2020

 

Nelle dodici sezioni in cui Aldo Nove articola il suo ultimo libro di versi, Poemetti della sera, viene offerta, con un ritmo incalzante e frantumato, una lettura del presente (privato, affettivo, familiare) che sconfina negli sterminati spazi cosmici del non-tempo, o del fuori-tempo.

Così la sua voce singola di uomo concreto, nel nascere e crescere “a Viggiù, in provincia di Varese”, con le paure e le curiosità comuni a tutti i bambini, diviene paradigma universale delle ansie e delle domande che da sempre il genere umano si pone sulla propria identità e destino: “ero le chiese, / le case, i respiri di tutta / la gente. Ero l’universo contratto / in niente e poi dilagante / nelle stanze / di ogni paese, / in ogni galassia…// non c’era / presente, / passato / o futuro, non c’era / alcun muro / o barriera… // da lì / non ci siamo mai spostati / perché non siamo mai morti / e non siamo mai nati”.

La spiritualità di cui si nutrono le poesie qui raccolte non è contrassegnata da un’appartenenza religiosa particolare, cristiana o buddhista: piuttosto si libra aerea e informe, celeste e innocente, attraversata da creature alate e nuvole, trapuntata di stelle e di sogni: in essa si smaterializza anche la morte, divenuta trascurabile e indolore passaggio da uno stato fisico a uno incorporeo: “Il giorno della mia morte / nasceranno di nuovo tutti i bambini / che sono stato, e giocheranno assieme / in tondo come è stato fino / a quando ero nel mondo… // Sarò un’aquila e un gabbiano…// Sarà bello tornare sole, / luna, / cavalletta, geranio, / uvetta… // Il giorno / della mia morte / sarà / un giorno / eccezionale. Il giorno / più bello della mia vita… // Sarà il sapere che siamo / – tutti – / un’unica / rifrazione / di Dio”.  Il Dio universale e privo di caratterizzazioni teologiche di Aldo Nove fa rima con “io”, con pensiero, cuore, libertà: in lui siamo destinati a perderci come creature mortali e a ritrovarci come esseri divini, quando Dio “sarà tutto in tutti”, come scrive San Paolo.

Se l’esistenza vera è quella in cui ci scioglieremo nel flusso indeterminato del nulla, in una specie di nirvana privo di connotazioni materiali, allora è evidente che durante la vita indossiamo una maschera: la realtà della carne è appunto apparenza, finzione o schermo, data per illuderci di una nostra consistenza, e difenderci dal terrore di non contare nulla, per nessuno (“un breve tragitto / di gioia e dolore, di meraviglia / e stupore”).

Il periodo storico attuale è “delicato”, anzi “schifoso”, un postmoderno impaurito e malato, privo di prospettive, “Vuoto / che fa sanguinare”, in cui dominano finanza e profitto, scienza disanimata e indifferenza morale. Il titolo di alcune sezioni del libro sottolinea questo rifiuto dell’oggi: La fine del mondo, Rivolta contro il mondo contemporaneo. Per salvarsi dall’abisso, e da un castrante “impero della mente” troppo razionale, ci si può aggrappare solo al sentire quotidiano, ai ricordi, agli affetti familiari. Il dialogo del poeta con le figure dei propri cari è intenso e continuamente ribadito. La madre, quindi, prima ineludibile referente di un colloquio mai interrotto (“Nelle tue vene / ancora tu sei / me… // Guarda, madre, sono / la contrazione della tua pelle / in cui il mio nome ha preso forma”), e poi i fratelli, chiamati per nome, figure amate in presenza e in lontananza.

La consolazione concessa dalla poesia è quella della cantilena che culla, dello stordimento acustico che ottunde e impantana (“Siamo stati ingannati. / Imprigionati”): Aldo Nove la rende dando alla sua scrittura una cadenza ansiosa e ansiogena, da rullio di treno veloce, da swing spezzettato in versi brevissimi, ripetitivi, echeggianti di rime baciate, di assonanze ribattute con ostinazione: utilizzando un lessico elementare e ridotto, con ostentate citazioni, inserti, prelievi da altri poeti, in un manierismo sapientemente insistito e quasi compiaciuto, che si rifà al frasario martellante del rap, o alla litania degli spiritual afroamericani (Le parole «Ti amo». / Le parole «Ti amo». / Le parole «Ti amo». / Le parole «Ti amo». / Le parole «Ti amo». / Le parole «Ti amo»).

L’effetto che gli preme raggiungere è quello di una provocazione, ottenuta accostando temi “alti”, benché ormai molto frequentati in letteratura e nella coscienza civile collettiva, con uno stile calcolatamente disturbante, nel suo procedere insieme dimesso e tamburellato, vox clamans millenaristica, amplificata nel megafono di versi sincopati.

 

© Riproduzione riservata       «L’Indice dei Libri del Mese» n. 4, aprile 2020