JACK KEROUAC, MEXICO CITY BLUES – GUANDA, PARMA 1978
Jack Kerouac è uno dei narratori più conosciuti della “beat generation” americana, per il suo On the road, storia di un viaggio-vagabondaggio attraverso gli Stati Uniti. Ma, come poeta, Kerouac è stato spesso snobbato dalla critica, e poco tradotto anche da noi, nonostante la sua poesia metta in evidenza temi e formule tipiche della sua produzione letteraria. Recentemente è stata pubblicata una scelta di poesie dal Mexico City Blues, da lui scritto nel ’55, spesso sotto l’influsso della droga. La droga, infatti, l’esaltazione del trip, dello sballo, è uno degli elementi che stanno alla base di queste composizioni. Altri temi sono quelli che ritornano anche nei romanzi: la polemica contro la società americana e la sua cultura (sia quella di massa sia quella accademica), il conservatorismo politico, la ritualizzazione della vita di gruppo, l’elogio della sregolatezza e della pazzia. L’irrazionale è insieme un punto di arrivo (ci si arriva infatti liberandosi dall’etica e dalle strutture borghesi, quindi con la fuga dal lavoro, dai doveri, dalle convenzioni) e un punto di partenza, il primo passo verso il misticismo, per arrivare a dio o al sogno o alla morte. Lavorando su questi motivi, la beat generation si è bruciata, e oggi sa dirci ben poco, forse perché come scrive Carlo Corsi nell’introduzione al libro: «L’elemento irrazionale fa sempre il gioco del sistema e artisticamente non è mai stato di per sé creativo». Però della dissacrazione operata sui testi da questi poeti è rimasto parecchio: per esempio il connubio poesia-musica, o quello poesia-oralità. Questi di Kerouac sono “refrain” che si rifanno alla tecnica jazzistica dell’improvvisazione su uno stesso tema, usando un ritmo ossessivo costruito sulla dimensione psico-fisica dell’autore, sulle sue allucinazioni.
33esimo refrain:
Una vasta caverna,uh? / Mi fermo & salto in altro campo / E voi vi trascinate / Come prigionieri giapponesi / In Salt Lake Cities / Nel disastro delle fogne /di San Francisco. / “Un esploratore di cuori e città” / “Uno sballato schifoso / Che ha scoperto / che l’essenza della vita / si trova solo nella pianta di papavero / con l’aiuto dell’odio / il tossicomane esplora / il mondo daccapo / e crea un suo mondo / a sua immagine / con l’aiuto di Madama / Papavero / Sono un idealista / che ha superato / il mio idealismo / non ho niente da fare / per il resto della vita / tranne che farlo / e il resto della vita / per farlo”.
«Quotidiano dei Lavoratori», 11 luglio 1978