ALMA MAHLER, GUSTAV MAHLER. RICORDI E LETTERE – IL SAGGIATORE, MILANO 2015

“Ho scritto questo libro molti anni or sono e l’ho fatto per una sola ragione: perché nessuno ha conosciuto Mahler meglio di me e non volevo che il ritmo incalzante della nostra esistenza mi facesse dimenticare esperienze vissute in comune e pensieri di rilievo espressi da Mahler”. Così Alma Mahler in apertura del libro di Ricordi e lettere dedicato al marito Gustav, in una nota del 1939 che ricordava la lunga gestazione del testo, pubblicato solo a fine anni ’50, ma in seguito più volte ristampato perché miniera di informazioni sulla vita del geniale musicista austroungarico. Già nella prefazione, quindi, l’autrice sottolinea l’intento di rendere giustizia alla memoria del suo primo illustre sposo, boicottato in Austria per tutta la vita, ignorato e denigrato come compositore dalla cultura internazionale, sottoposto a censure e ostracismi per motivi ideologici, razziali e politici. Come ebbe a dire lui stesso: “Sono tre volte straniero: come boemo in Austria, come austriaco in Germania, e come ebreo in tutto il mondo. Dappertutto un intruso – in nessun luogo il benvenuto”. Il suo carattere ombroso e suscettibile, la sua maniacale puntigliosità nel lavoro, certo non gli avevano reso facili i rapporti con amici e familiari, colleghi e orchestrali, pubblico e accademia. Anna (Vienna 1879-New York 1964), più giovane di lui di diciannove anni, gli rimase vicina dal 1901 al 1911, anno della morte.

Figlia del pittore E.J. Schindler, Alma era una discreta musicista, allieva di A. von Zemlinsky, legata ai circoli dell’avanguardia artistica austriaca. Dopo la scomparsa di Gustav, sposò prima l’architetto Walter Gropius, fondatore del Bauhaus, e poi lo scrittore Franz Werfel, ma ispirò anche altri illustri personaggi del mondo dell’arte come Oskar Kokoschka, Gerhart Hauptmann, Alban Berg (che le dedicò il Wozzeck), Richard Strauss, Bruno Walter. Fu una figura di donna affascinante, attivamente partecipe alla vita culturale e artistica mitteleuropea, in un’epoca ricca di inquietudini e trasformazioni, di svelamenti e utopie.

Il suo diario inizia nel novembre del 1901, quando Alma e Gustav si incontrarono durante una cena offerta da amici comuni. “La più bella ragazza di Vienna”, vivace, intelligente, promettente studentessa di composizione al Conservatorio, al cospetto del celebre e temuto direttore d’orchestra, piccolo di statura, goffo nel vestire, rude e sprezzante, così reagiva: “Giovane e noncurante com’ero, né lustro né posizione mi impressionavano e la sola cosa che mi avrebbe resa umile, la sua interiore grandezza, di ciò allora sapevo ancora ben poco. Pure una specie di rispetto, misterioso e mai prima provato, di fronte alla personalità superiore tentava di sovrapporsi alla mia gaia spensieratezza”. Poche settimane di corteggiamento intenso, e subito la personalità dominatrice di lui prevalse sull’ammirata soggezione della giovane donna, al punto da convincerla ad accettare l’ingiusta ed egoistica imposizione di abbandonare gli studi musicali per dedicarsi esclusivamente al futuro marito. “Ho mantenuto la promessa… Ho sepolto allora il mio sogno. Forse è stato meglio così. Mi è stato concesso di rivivere in altre menti più vaste quelle doti creative che possedevo. Però in fondo ha continuato a bruciare in me una ferita che non si è mai completamente rimarginata”.

Con affetto e comprensione Alma ricostruisce l’infanzia e la giovinezza di Mahler, cresciuto in un ambiente modesto economicamente e culturalmente, colpito da numerosi lutti familiari, costretto a studiare lontano da casa, in una Vienna gelida e prevenuta nei riguardi del ragazzo ebreo. L’ostilità della città continuò a manifestarsi verso la coppia in maniera addirittura persecutoria, e Alma nel suo racconto ha modo di vendicarsi contro alcune figure di primo piano della cultura asburgica contemporanea: Richard Strauss, Max Klinger, Hans Pfitzner, Alfredo di Montenuovo.

Duro con la servitù, cui imponeva il riserbo e il silenzio più assoluto, con la moglie e le due bambine, che costringeva a estenuanti passeggiate in montagna e a nuotate nelle acque fredde dei laghi alpini, ossessivo nei rituali quotidiani del risveglio, dei pranzi, dello studio, Mahler si lasciava andare sovente a scoppi di ira, a pianti inconsolabili, a mutismi impenetrabili: “Alle povere bambine non era nemmeno permesso di ridere forte o strillare. Eravamo tutti schiavi del suo lavoro, ma era giusto e lo rifarei”. Egocentrico, nevrotico, o al contrario appassionatamente possessivo e generoso, viveva e costringeva a vivere chi gli stava vicino in una continua e spossante instabilità emotiva. La giovane moglie ne subiva il fascino e la sudditanza, confessando malinconicamente la sua perpetua umiliazione: “Già da ragazza ero timida e poco padrona di me, ma la timidezza era aumentata a fianco di Mahler al punto che, quando mi si rivolgeva la parola, davo le risposte più sciocche e senza senso, perché mi consideravo sempre e dappertutto solo una piccola appendice di Mahler… Assunse la parte del maestro spietatamente rigido e ingiusto. Mi toglieva ogni velleità di godere del mondo, anzi me lo mostrava ripugnante! Cioè, tentava: Denaro – futilità! Vestiti – futilità! Viaggi – futilità! Solo lo spirito! Capisco oggi che aveva paura della mia giovinezza e che voleva rendermi inoffensiva, togliendomi semplicemente tutto ciò che era vivo e di cui non sapeva che farsene. Io ero la ragazzina che si era desiderata e che ora si educava… Di questa mia rinuncia a una vita personale non si accorgeva…Avevo annullato completamente me stessa, il mio essere e la mia volontà…Durante i mesi estivi la sua vita era del tutto spoglia di qualsiasi scoria terrena, quasi disumanamente pura. Nessun desiderio di fama o di grandezza esteriore lo sfiorava mai”.

Una gelosia reciproca e contrapposta angustiava i due sposi: del passato di lui, dell’avvenire di lei. Eppure, con Alma vicina, che lo seguiva nelle prove e nei concerti, suggerendogli anche alcune correzioni agli spartiti, Mahler compose capolavori: sei sinfonie, i “Rückertlieder“, i “Kindertotenlieder“, e “Das Lied von der Erde“, ottenendo allori e contestazioni, trionfi e invidie feroci.

Il resoconto che Alma traccia del loro matrimonio, con tutte le rimozioni, mezze verità e artifici che si possono immaginare, rimane comunque una testimonianza impareggiabile dell’esistenza tormentata, e senz’altro fuori dalla norma, di questa coppia eccezionale. Dalle nozze semi-segrete, alla nascita delle due bambine e alla sofferta morte della primogenita Maria, dalla cronistoria della carriera di direttore d’orchestra e compositore alla “Splendid Isolation” degli anni di più fruttuosa creatività del marito, fino alla malattia cardiaca di lui, al trasferimento in America, alla crisi coniugale del 1910. E infine alla morte, avvenuta il 18 maggio 1911: sembra che l’ultima parola pronunciata da Gustav sia stata “Mozart”, indicativa della passione sovrana che aveva dominato tutta la sua vita.

Il volume tuttavia non si conclude sulle commoventi pagine dell’agonia del musicista, e dello strazio della moglie. La seconda corposa sezione riporta un ricco epistolario, che comprende molte lettere inviate al maestro dalle più importanti personalità dell’epoca (Schönberg, Busoni, Thomas Mann, Cosima Wagner… ), e soprattutto le missive spedite da lui ad Alma, il cui contenuto appassionato, devoto, fedele, supplicante fino al ricatto affettivo, si intuisce già dalle struggenti intestazioni: Carissima, Lux, Adorata, Dilettissima, Mia unica, Respiro della mia vita, Cuor mio carissimo, Amata bambina, Alma, Almschi, Almscherl, Almschilitzilitzilitzili… In uno degli ultimi biglietti scriveva: “Amor mio, mio canto, vieni, esorcizza gli spiriti delle tenebre, mi attanagliano, mi scaraventano a terra. Resta con me, mio sostegno, vieni presto oggi a portarmi sollievo”.

Libro da leggere, magari riascoltando il tema di Alma della Sesta Sinfonia.

 

© Riproduzione riservata                       «Gli Stati Generali», 7 settembre 2022