Giuseppe Palmini, Il personalismo comunitario di Emmanuel Mounier – Nulla Die, Piazza Armerina 2021
Tra la fine del liceo e l’inizio dell’università, il mio filosofo di riferimento, insieme a Simone Weil e agli esistenzialisti, è stato Emmanuel Mounier. Ho voluto riprendere in considerazione il suo pensiero, per vedere quanto ancora – dopo cinquant’anni – la sua scrittura mi coinvolgesse, intellettualmente ed emotivamente. L’ho fatto seguendo il percorso tracciato da un saggio di Giuseppe Palmini pubblicato lo scorso anno dalle edizioni siciliane Nulla Die. In cinque capitoli, e offrendo una ricca bibliografia, Palmini indaga in che modo la filosofia personalista e comunitaria di Emmanuel Mounier (Grenoble 1905-Parigi 1950) sia suscettibile di attualizzazione, quanto cioè del suo pensiero, sfrondato degli inevitabili arcaismi e dal suo riconosciuto ingenuo volontarismo, possa indicare una via percorribile dalla civiltà occidentale per uscire dalla crisi economica ed etica in cui si dibatte.
Ne Il personalismo, il filosofo francese affermava: “Di fronte alla crisi, la cui gravità molti si nascondevano, due spiegazioni venivano proposte. I marxisti dicevano: crisi economica classica, crisi di struttura. Intervenite sull’economia, il malato si rimetterà. I moralisti contrapponevano: crisi dell’uomo, crisi dei costumi, crisi dei valori. Cambiate l’uomo e le società guariranno. Noi non eravamo soddisfatti né degli uni né degli altri. Spiritualisti e materialisti ci sembravano partecipi del medesimo errore moderno: quello che, seguendo un discutibile cartesianesimo, separa arbitrariamente il ‘corpo’ dall’ ‘anima’, il pensiero dall’azione, l’homo faber dall’homo sapiens. Da parte nostra affermavamo che la crisi è in pari tempo una crisi economica e una crisi spirituale, una crisi delle strutture e una crisi dell’uomo”.
Dopo una puntuale ricostruzione della biografia e del percorso intellettuale di Mounier (la laurea in filosofia nel 1927 con una tesi su Descartes, lo studio approfondito di Henry Bergson e Charles Péguy, la frequentazione assidua di altri pensatori cattolici come Guitton e Maritain), il volume si sofferma in particolare sulla fondazione nel 1932 della rivista Esprit.
Organo ufficiale delle istanze più innovatrici del movimento cattolico francese, essa propugnava un ritorno all‘umanesimo cristiano in risposta sia alle tendenze individualistiche del liberalismo borghese sia al totalitarismo comunista, criticando “l’idolatria tirannica delle spiritualità inferiori: esaltazione razzista, passione nazionale, disciplina anonima, devozione allo stato o al leader, salvaguardia di interessi economici”. La rivista auspicava la rinascita di una “comunità di persone”, in opposizione alla società di massa, prospettata sia dall’individualismo liberale sia dal collettivismo: “Ogni regime che, di diritto o di fatto, consideri le persone come oggetti interscambiabili, li irreggimenti o li costringa contro la propria diversificata vocazione, oppure imponga loro questa vocazione, dal di fuori, con la tirannide di un moralismo legale, fonte di conformismo e di ipocrisia, questo regime è da condannare… Tout homme, sans exception, a le droit et le devoir de développer sa personalité”.
Opponendosi sia all’individualismo, che favorisce “il regime dell’anonimato, dell’irresponsabilità e della dispersione, dell’egoismo e della guerra”, sia alla massificazione di una “società senza volto… spersonalizzata in ognuno dei suoi membri, spersonalizzata come insieme, in cui la massa offre un regime proprio fatto di anarchia mescolato a tirannide, vale a dire la tirannide dell’anonimo che è, fra tutte, la più vessatoria e la meno pietosa”, Mounier caldeggiava l’avvento di una rivoluzione comunitaria, di un nuovo rinascimento: “Rifare il Rinascimento … è doppiamente da rifare se, per essere completo deve essere duplice, e cioè personalista e comunitario”.
La sua analisi dei nascenti totalitarismi fascisti e nazisti negli anni ’30 era lungimirante e impietosa: “Dove nascono i fascismi? Sulle democrazie logore, nel momento in cui la spersonalizzazione e l’anarchia sono tali che ognuno ormai, scoraggiato dal proprio operato quotidiano, aspira al Salvatore che riprenda in mano tutti gli spaventosi problemi irrisolti, tutta la massa decomposta, e compia miracoli”.
In nessun modo velleitaria o disincarnata, la sua proposta di una rinascita sociale si innervava anche su radicali riforme economiche. In Dalla proprietà capitalistica alla proprietà umana (1936) proponeva di recuperare il primato della persona sulle cose, dell’uomo sulla produzione, delle esigenze del lavoratore su quelle del profitto, creando una società autogestita al centro della quale stessero i lavoratori, che assegnasse allo Stato solo una funzione di tutela e di garanzia. A tale profondo rinnovamento erano chiamati soprattutto i credenti: “Per i cristiani in particolare s’impone il dovere della distribuzione dei beni, un dovere di giustizia e di carità che non può essere appagato solo con l’elemosina e la beneficenza”. Queste tesi così estreme procurarono a Esprit l’ostilità delle gerarchie cattoliche e la censura da parte del governo di Vichy. Nel 1942 Mounier fu arrestato per il suo sostegno alla resistenza francese e liberato solo l’anno seguente.
Nelle pubblicazioni posteriori, il filosofo si occupò di pacifismo, anarchismo, esistenzialismo, progresso tecnologico, essenza del cristianesimo, psicologia dei caratteri umani: tutte queste riflessioni confluirono nella stesura del suo libro più noto e importante: Il personalismo, del 1949. Morì di infarto l’anno successivo, minato nella salute sia dalle vicende tormentate che aveva patito, sia dal dolore per l’invalidità cronica di sua figlia Françoise.
Il volume di Giuseppe Palmini articola i capitoli successivi nell’analisi approfondita sia della filosofia del personalismo, che vanta esponenti illustri già dal 1700, sia del progetto morale e sociale davvero avveniristico di Mounier, la cui visione politica indicava come indispensabile garantire a ogni individuo il possesso del “necessario personale”. Convintamente cattolico, innovatore anche nell’interpretazione del messaggio evangelico, riteneva importante armonizzare nella quotidianità l’aspetto carnale con quello spirituale dell’essere umano. Inoltre, rilevando il fondamentale apporto etico e civile dell’arte e della cultura, auspicava lo sviluppo dell’azione didattica nella formazione delle giovani generazioni. La visione acutamente intuitiva e profetica di Emmanuel Mounier nei confronti del mondo e del destino dei singoli, rende la lettura dei suoi scritti dopo tanti anni ancora vitale e coinvolgente.
© Riproduzione riservata «Gli Stati Generali», 22 settembre 2022