ALDO NOVE, SI PARLA TROPPO DI SILENZIO – SKIRA, MILANO 2014

Due coniugi ultrasettantenni viaggiano su una Cobra Roush marrone verso Paradise, in California: lui è il famoso pittore Edward Hopper, lei sua moglie Jo, pure pittrice, ma soprattutto musa ispiratrice, modella, colonna portante e insieme condanna del marito. Negli stessi giorni dello stesso anno e negli stessi paraggi, un ventenne scapestrato in camicia di flanella a scacchi, si dedica al suo passatempo preferito: la pesca nel torrente Butte Creek. Si tratta del futuro scrittore e poeta Raymond Carver. I particolari biografici del terzetto sono veritieri, documentati da lettere, foto, diari, testimonianze registrate. Inventato e fantasticamente ricostruito è invece il loro incontro, che Aldo Nove ambienta nel 1958. I coniugi Hopper, sposati dal 1924, sono inseparabili pur nella loro litigiosa quotidianità: lui burbero, solitario, sessualmente esuberante, «esperto di silenzi»; lei rigida e un po’ frigida, loquacissima, intellettuale, convinta del suo ruolo insostituibile nella vita del marito. Diversi, ma interdipendenti. Nove ne racconta a grandi linee la vita coniugale: le difficoltà economiche dei primi anni, i viaggi in Europa e il soggiorno a Parigi, il graduale ma incontestabile successo artistico, la fama, l’abitazione elegante di New York e la casa sul mare a Cape Cod. Alla loro esistenza fa da contraltare la breve e inquieta vicenda biografica del giovane Carver, nato nel 1938 in una cittadina dell’ Oregon, da una famiglia operaia: il trasferimento in California, i lavoretti precari e malpagati, un matrimonio e una paternità precoci, l’emigrazione in Messico, l’alcol e i primi esordi come narratore. Alcuni episodi descritti nei suoi racconti e nelle poesie vengono riutilizzati nei dialoghi che il personaggio-Raymond imbastisce con il personaggio-Hopper, in un pub o sulla riva del torrente. Nove li rimodula, con qualche pesantezza stilistica, con un certo didascalismo (come nello scambio di opinioni su cosa debba intendersi per realismo: «Quello stare impossibile, in sospeso, come fermando la realtà, m’interessa. E l’arte, qualunque forma d’arte, ricerca proprio questo»), e forse anche con una dose di ingenua e retorica superficialità:(«- Ti racconto una storia –  – L’ascolto con piacere – »; «Le cose hanno una forza immensa…C’è molto sentimentalismo nelle cose, ma non ha bisogno di essere detto, le cose lo hanno in sé”»), che in un autore dissacrante come Aldo Nove lasciano un po’ interdetti. Rimangono nel volume, a illuminare il lettore, le riproduzioni di alcuni bellissimi dipinti di Edward Hopper, a ricordarci quanto il silenzio di luoghi e figure possa avere un suo fascino malinconico e seduttivo.

 

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www.sololibri.net/Si-parla-troppo-di-silenzio-Aldo.html      28 ottobre 2015