Vorrei che tu non fossi, caro,
o che non fossi per me. Che fossi
un’altra cosa, un altro, in altro spazio
e tempo, e di cui dire “c’è”.
Ma non per me, non dentro me.
Essenziale come quello che deve essere,
e il suo esserci fa bene,
è un bene che si riconosce,
che gli altri (tutti gli altri) sanno.
Ma a me straniero, come un oggetto
che esiste però non ci appartiene,
ed è utile, perfetto: così vorrei che fossi,
indipendente e non nel mio pensiero:
vorrei saperti senza volerti,
sfiorarti come le cose intorno
a cui siamo abituati, tanto
da non notarle, da non desiderarle.
Una finestra, una matita;
il cucchiaio, il calendario.
Così ti vorrei, non mio e altro,
quotidiano nell’uso e necessario.
In Un diverso lontano, Manni, Lecce 2003