JACQUES DERRIDA, LO SPERGIURO – CASTELVECCHI, ROMA 2013
Giuramento, tradimento, confessione, perdono, colpa, riscatto: la riflessione dell’ultimo Jacques Derrida si è soffermata su argomenti che riguardano sì l’etica, ma anche e forse soprattutto la cultura e il suo rapporto con il sociale. Partendo dal commento di un romanzo di Henry Thomas intitolato appunto Lo spergiuro, in cui il protagonista si trova a tradire ripetutamente se stesso, le sue aspirazioni artistiche, il padre, la prima moglie, i figli, la seconda moglie, la legge…, non sempre e solo per negligenza, egoismo o malignità, ma addirittura per leggerezza («Figuratevi che non ci pensavo!») – Derrida si chiede: «E’ possibile commettere uno spergiuro “senza pensarci”? Per distrazione? Non per trasgressione attiva e deliberata ma per dimenticanza?».
E conclude che: «non si può ragionevolmente chiedere a un soggetto finito di essere capace, ad ogni istante, nello stesso istante, e anche solamente nel momento voluto, di ricordarsi attivamente, attualmente, in atto, continuamente, senza intervallo, di pensare tutti gli imperativi etici ai quali, per essere giusti, dovrebbe rispondere. Sarebbe disumano e indecente».
Si rinnega la propria fede, dunque, si tradiscono le ideologie, si sconfessano le amicizie e gli amori, si abiura per timore, viltà o interesse: perché non si è in grado di rimanere fedeli nemmeno al proprio io, a causa della molteplicità di voci che ci abitano.
Testimonianze di spergiuri si trovano in Omero e nella Bibbia, nelle Confessioni di Sant’Agostino e di Rosseau, in Proust e in Kafka; tutta la letteratura è di per sé finzione, invenzione, menzogna, e ogni scrittore tradisce la realtà inventando i suoi personaggi e le sue trame. Persino nella grammatica esiste lo spergiuro, nella figura retorica dell’anacoluto.
E soprattutto non si può chiedere coerenza al tempo, implacabile nel trasformare situazioni e caratteri, nel modificare le abitudini, nel trasgredire un impegno preso: «chi ha promesso, poco fa o un tempo, può restare fedele alla sua promessa, ma non sono più io, non sono più lo stesso io, io sono un altro, io è un altro, sono cambiato, tutto è cambiato, anche i destinatari della promessa».
In uno stile ironico e provocatorio, il filosofo francese maestro del decostruzionismo, riesce a smontare l’illusione di una verità univoca, del dovere implacabile della coerenza a se stessi, della stessa identità soggettiva dell’io, appellandosi alla non linearità dell’accadere, alla sua incolpevole e incorreggibile anarchia.
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www.sololibri.net/Lo-Spergiuro-Jacques-Derrida.html 9 gennaio 2016