ERRI DE LUCA, E DISSE – FELTRINELLI, MILANO 2011
Dopo quasi vent’anni dalla traduzione di Esodo/Nomi, Erri De Luca torna ad occuparsi del secondo libro della Bibbia, in un volume che rivisita l’ascensione di Mosè sul Sinai, e la manifestazione divina attraverso le tavole della Legge. In realtà, gli excursus in altri testi delle Sacre Scitture sono numerosi: soprattutto sono citati episodi di Genesi, Deuteronomio, Isaia, Salmi e del Vangelo stesso.
Ma senz’altro il protagonista principale del libro rimane Mosè, nel suo corpo a corpo con l’Assoluto. Mosè, scampato da una strage di neonati: in lui si concentra un resto salvato,l’energia dei mancati… una folla di bambini..». Mosè primo scalatore, che «con l’ultimo passo di salita toccava l’estremità dove la terra smette e inizia il cielo. Una cima raggiunta è il bordo di confine tra il finito e l’immenso». Mosè che non riesce a reggere alla visione, torna al campo svuotato, «un nocciolo spolpato», privo di senno e di parola, e viene accudito amorevolmente, pungolato nei ricordi dal fratello Aronne. Ed ecco allora che davanti al suo popolo incredulo, timoroso e spazientito nel deserto riesce a farsi interprete, a leggere le parole infuocate del suo innominabile Dio, incise da un dito scalpellino sulla muraglia rocciosa: «Io sono Adonài (Iod) tuo Elohìm». Dirette a un “tu” maschile, perché agli uomini era destinato il compito terrificante di tramandare, di interpretare. I dieci comandamenti sono resi da De Luca al futuro: «Onorerai,non ammazzerai, non ruberai», e la sua lingua di traduttore è aspra e scolpita come l’ebraico con cui si cimenta. La sua prosa non conosce indulgenze, morbidezze: è severa ed essenziale come le storie che propone al lettore. Innamorato dell’ebraico, ma da esso escluso: «Dell’ebraismo condivido il viaggio, non l’arrivo. Non in terra promessa, la mia residenza è in margine all’accampamento… Non mi accosto all’altare,alle preghiere…».
La nostalgia degli esuli, dei proscritti è pari alla loro sconfinata dedizione.
IBS, 22 marzo 2011