PATRICK MODIANO, BIJOU – EINAUDI, TORINO 2014
Una storia di rassegnata infelicità, quella raccontata da Patrick Modiano in questo romanzo breve del 2001. Bijou era il nome dato alla ragazza Therese quando era piccola: così la chiamava sua madre prima di abbandonarla e di scappare in Marocco, senza dare più notizie di sé. Una madre inquieta, dalle confuse aspirazioni artistiche, che aveva dovuto rinunciare alla sua professione di danzatrice in seguito a un incidente. Therese, cresciuta senza affetti e senza radici, si trova a vagare in una Parigi allucinante e desolata, con la disperazione di chi sa di non avere nessuno che l’aspetti da qualche parte. Le rimangono ricordi annebbiati della sua infanzia, poche foto, l’immagine di stanze disadorne e di lontani parenti imbarazzati e sempre sulla difensiva. La giovane si imbatte in alcune presenze: una coppia problematica e sospettosa che le affida la propria bambina da seguire per alcune ore pomeridiane, ma poi sparisce misteriosamente, forse per nascondere qualche attività illecita. Un giovane traduttore che le offre un’ospitalità garbata, e tuttavia priva di slanci. Una matura farmacista che la segue con affetto materno e protettivo, ma senza rivelarle i veri motivi del suo interessamento. Soprattutto, però, una donna sconosciuta incontrata in metropolitana, nei cui lineamenti Therese si illude di ritrovare il profilo materno, e che segue con ansia ostinata nei meandri della più squallida periferia parigina, cercando informazioni su di lei nel suo malinconico caseggiato, senza trovare tuttavia il coraggio di presentarsi. Le frasi brevi, secche, prive di metafore e scarse di aggettivazioni con cui Modiano descrive la triste vicenda della ragazza, ben accompagnano il perdersi di lei, senza scopo o aspettative, nella metropoli indifferente: il vezzeggiativo del titolo rende ancora più amara la sua scelta finale di bambina arresa alla solitudine, non ancora pronta a rinascere, bloccata in una ghiacciata incubatrice.
IBS, 15 gennaio 2015