VIRGINIA WOOLF, TUTTO CIO’ CHE VI DEVO – L’ORMA, ROMA 2014

«Toglietemi gli affetti e sarò un’alga fuori dal mare, la carcassa di un granchio, un guscio vuoto… Toglietemi l’amore per gli amici e il sentimento bruciante e continuo dell’importanza, dell’insondabilità e del fascino della vita umana e non sarei altro che una membrana, una fibra, senza colore e senza vita, buona solo per essere buttata via come una deiezione». Non solamente nei romanzi, nei saggi, nei diari Virginia Woolf esibì la sua viscerale passione per l’osservazione delle persone, e dei rapporti che si instaurano tra di loro (amore, odio, amicizia, invidia). Ma anche nel suo ricco epistolario, di cui l’editore romano L’Orma offre qui una scelta di brani indirizzati, tra il 1903 e il 1941, a una decina di amiche. Lettere in cui la scrittrice inglese svela tutta la sua acutezza introspettiva e critica, insieme all’ironia, al gusto sottile del pettegolezzo, ai magoni familiari, all’ansia di condividere letture, o di sollecitare giudizi sulla sua produzione letteraria. Le destinatarie di questa corrispondenza sono parenti (l’amata sorella Vanessa, la cugina Madge, la nipote Judith), amiche d’infanzia (l’esplosiva Violet Dickinson), o felici scoperte dell’età più matura (Ethel Smyth); talvolta amanti (Vita Sackville-West). A tutte loro Virginia scrive senza remore o finzioni, spesso abbozzando qualche polemica o spiritosa derisione, sempre però con un affetto limpido che si rivela anche nei vezzeggiativi e nei nomignoli usati. Conoscendo i suoi difetti, li sottolinea impietosamente («Come mi piace essere adulata!…Il mio vero piacere dello scrivere recensioni consiste nel dire cattiverie… Non mi piacciono gli istinti profondi, non negli esseri umani…»). Ma con altrettanta spietatezza sferza i difetti altrui: l’ipocrisia, la boria sociale, l’intolleranza. E soprattutto la rigidità, la pesantezza, la noiosità. La sua essenziale richiesta alle amiche si esprime infine nella parola conclusiva dell’ultima lettera: «Amami».

IBS, 3 dicembre 2014