FRIEDRICH DÜRRENMATT, LA MORTE DELLA PIZIA – ADELPHI, MILANO 1988

La Pizia raccontata da Friedrich Dürrenmatt in questo breve romanzo del 1985 non ha nulla di ieratico, solenne, sacrale. E’ invece piuttosto isterica, sardonica, irreligiosa: “vecchia e svampita… lunga e secca… assisa sul tripode e avvolta da una nuvola di vapori”, recita i suoi oracoli con impazienza e superficialità, prendendosi gioco di quei creduloni che la interrogano con ansia e timore. “Non che lei credesse alle cose che diceva, anzi vaticinava in quel modo proprio per farsi beffe di coloro che credevano in lei, col risultato però di destare nei suoi devoti una fede assolutamente incondizionata”. Un po’ come succede oggi agli astrologi mediatici, quando propinano agli ingenui spettatori i loro oroscopi improvvisati. Ma non è solo la Pizia ad assumere in queste pagine sembianze tanto irrispettose del mito e della tradizione: lo stesso santuario di Delfi si trova in condizioni deplorevoli, immerso nella sporcizia e nel degrado, “umido e pieno di correnti d’aria”. E persino il più famoso dei veggenti dell’antichità, Tiresia, viene sarcasticamente descritto da Duerrenmatt come “un tipo quanto mai sgradevole, di sicuro il più grande maneggione e politicante di tutta la Grecia, e, per Apollo, marcio e corrotto fino alle midolla”. L’ironia feroce dell’autore svizzero si fa gioco di dei ed eroi, di Edipo e Giocasta, svelando intrighi, incesti, brame di potere e denaro, superstizioni ed efferate violenze, omicidi e suicidi: una sorta di tragica farsa che accomuna vittime e carnefici sul palcoscenico del mondo, burattini che si agitano sotto “il cielo di piombo, la superficie di quel nulla assoluto in cui gli uomini, per poter tirare avanti, proiettano ogni sorta di cose, divinità e destini di ogni genere…”. Il ghigno amaro con cui l’autore commenta le intricate vicende dei suoi personaggi ha la sua giustificazione nella certezza che non esistano risposte o possibilità di fuga dalla crudeltà del destino cieco e casuale che domina la vita degli esseri umani.

IBS, 31 marzo 2014