YVES BONNEFOY, L’UVA DI ZEUSI E ALTRE FAVOLE – JACA BOOK, MILANO 1997
Ecco Zeusi, il pittore greco del IV secolo a.C., così abile nel ritrarre oggetti, visi e frutti della natura che tordi e passeri arrivavano a frotte per beccare gli acini di uva sul pannello, fino a distruggerne e macerarne col becco la tela. Ed ecco Yves Bonnefoy, grande poeta francese del Novecento, che gli dedica un libriccino fatto di brevissimi brani in prosa lirica: illuminata, trascendente e purissima. “Il fuoco è chiaro, la tavola apparecchiata, il vino brilla nelle caraffe”: un interno domestico che potrebbe appartenere a qualsiasi epoca e a qualsiasi autore classico, da Alceo a Tibullo a un sufi persiano. “Il peso del cielo sul vetro si faceva intollerabile, si sentiva, dicevano, scricchiolare l’apparenza… L’altezza del mondo, di un blu sempre più nero, vacillava e cadeva come una pietra”: questo è un esterno, e potrebbe rappresentare una pittura metafisica, come una preghiera di un mistico medievale. Bonnefoy si avvicina in ogni suo scritto allo stupore estasiato che gli provoca la bellezza, sia quella naturale e fisica, sia quella mentale e artistica: eppure ritiene che segno e immagine, “le nostre due illusioni”, raramente riescano ad avvicinarsi alla perfezione della mimesi, o tanto meno della creazione ex novo. E finiscano, nella loro übris, per produrre lacerazione e dissipazione. Le parole si ribellano, i pennelli si seccano: “E io tentavo, prendevo una parola, ma si dibatteva, chiocciava come una gallina spaventata, ferita, in una gabbia di paglia nera macchiata di vecchie tracce di sangue”. Dio ha solo abbozzato il mondo, le cui meraviglie sono rovine: solamente la luce, forse, “ha avuto vita piena… ed è per questo che sembra semplice, e increata.” Alla fine, anche gli uccelli rimarranno indifferenti all’arte di Zeusi, preferendo volteggiare nel cielo reale. Il volume si chiude con una sapiente postfazione di Roberto Mussapi.
IBS, 23 agosto 2013