MARIANGELA GUALTIERI, CAINO – EINAUDI, TORINO 2011
Mariangela Gualtieri è una delle voci più alte della poesia contemporanea: donna di teatro (“quel luogo pieno di avventura mistero arte e fatica…”) si cimenta in questo testo con la rappresentazione scenica della prima, tragica violenza della storia umana: l’uccisione di Abele da parte di suo fratello Caino. E lo fa con tutta la passione e l’empatia di chi riconosce in sé e nell’animo di tutti noi l’abbaglio improvviso dell’odio, della rabbia e dell’invidia, e poi l’assillo perenne del pentimento, della paura, della condanna. “Ci somiglia talmente Caino… Noi siamo soli quanto lui, distruggiamo la vita fuori e dentro di noi, siamo ormai senza un’idea di prossimo… tutti votati alla terrestreità”. Ma in realtà in questo dramma non parla solo la brutalità della carne assassina, del raptus sopraffattore: intorno al protagonista si muovono tanti altri personaggi, che incarnano sia il male sia il bene, alter ego o controcanto dell’omicida. “L’alato”, ad esempio, voce saggia e profetica, ingenua e visionaria; oppure “L’illusionista”, lucido, protervo, rancoroso; “Abele”, delicato e sorridente, “dentro una legge di pace”. E il coro, che commenta cangiante e ritmico, suggerisce una sua visione filosofica del mondo, accompagna danzando le voci degli attori principali. Ma su tutto aleggia poi lo spirito dell’ “animale chiamato Dio”, bellissimo luminoso infinito, oppure astioso ingiusto violento (“Tu comandi. Rintroni allaghi, secchi, stendi al suolo, / schiacci non perdoni”). Un testo forte, dunque, questo, scandito con parole dure e mai ambivalenti o falsamente prudenti: certo la sua resa scenica deve avere un rilievo che ovviamente la semplice lettura non rende del tutto nelle sue potenzialità, fatte anche di “movimenti ritmici e sonori… scatti e danze…”, e silenzi, e pause, che invitano alla riflessione, alla condivisione di sentimenti, alla pietà.
IBS, 9 febbraio 2012