JACK LONDON, FINIS / LA FINE DELLA STORIA – ALTER EGO, VITERBO 2017
Da qualche tempo, diverse case editrici minori stanno recuperando il repertorio di Jack London, sia estrapolando brani compiuti dai romanzi più famosi, sia pubblicando racconti sparsi o addirittura inediti. Si tratta di un’operazione intelligente, anche se non originalissima, tesa a offrire al pubblico testi che, persino dopo un secolo, mantengono non solo una loro freschezza e appetibilità, ma anche uno stile asciutto ed elegante, che accompagna sempre trame avvincenti, ambientate in mondi lontani nel tempo e nei luoghi. È il caso delle due novelle del 1916 pubblicate da Alterego con un’acuta prefazione di Donato di Stasi, Finis e La fine della storia, illustranti entrambe la conclusione di vicende personali complesse e dolorose.
Nella prima, Finis: una tragedia nel lontano nord-ovest, il protagonista è un uomo solitario, Morganson, divorato dalla fame e dallo scorbuto, che accampato nella distesa artica sulla riva dello Yukon, attende che gli passi accanto una slitta di cercatori d’oro da depredare, mentre l’inverno con i suoi sessanta gradi sotto zero gli va lentamente congelando piedi e mani: “Il suo volto aveva un’espressione assorta, avida. Le guance erano scarne e la pelle sembrava appena appena sufficiente per coprire gli zigomi. I suoi occhi, di un chiaro azzurro, erano torbidi. Vi era in essi un non so che, che indicava l’imminenza di qualcosa di terribile”. Bevendo tè di abete, nutrendosi di biscotti razionati, riesce a uccidere una cerva, ma il bottino gli viene sbranato da un branco di lupi. Deciso a barattare la sua morte con la vita di qualcun’altro, finalmente si imbatte in tre uomini in una slitta carica, trainata da una muta di cani. Spara alle persone, ma sottovaluta la reazione delle bestie. “Non aveva pensato che la morte fosse così facile. Era anche adirato di aver lottato e sofferto per tante settimane estenuanti. Era stato ingannato dal timore della morte. La morte non faceva male. Tutti i tormenti che aveva sopportato erano stati tormenti della vita. La vita aveva diffamato la morte”.
Nel secondo racconto, La fine della storia, un burbero chirurgo, Linday, rinomato per la sua eccezionale perizia nelle operazioni più complicate, viene quasi costretto a un intervento disperato teso a salvare la vita a un cacciatore, squarciato nel ventre da una pantera. Il ferito si trova a cento miglia di distanza dalla residenza del dottore, nel gelido Nord battuto dai venti, oltre fiumi ghiacciati e crepacci: dopo un percorso accidentato tra le montagne, e dopo aver perduto per una bufera i cani e le provviste, Linday arriva finalmente dal moribondo, trovandosi imprevedibilmente davanti Madge, la sua ex moglie, divenuta amante dell’avventuriero. Promette alla donna di salvare la vita all’uomo, solo nel caso lei acconsenta a tornare sotto il tetto coniugale. L’intervento chirurgico ha un esito positivo, ma alla fine l’eroico medico rinuncia alla ricompensa pattuita, esibendo così un’inaspettata sensibilità e nobiltà d’animo.
Maestro nella descrizione degli ambienti esterni, della vegetazione e del mondo animale, Jack London risulta incredibilmente sottile ed empatico anche nella sottolineatura dei sentimenti e degli atteggiamenti dei suoi personaggi, di qualsiasi indole, cultura e ceto sociale essi siano.
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https://www.sololibri.net/Finis-La-fine-della-storia-London.html 9 agosto 2018