PAOLA CAPRIOLO, MARIE E IL SIGNOR MAHLER – BOMPIANI, MILANO 2019
“Il signor Mahler e Marie non hanno mai potuto conoscersi, perché appartengono a due diverse sfere dell’essere: rispettivamente, la realtà storica e l’invenzione letteraria”, così Paola Capriolo afferma nella nota finale del suo ultimo libro Marie e il Signor Mahler, pubblicato da Bompiani. Ricostruzione storica e immaginazione si intrecciano nel romanzo, in cui l’autrice ripercorre “con mano lieve e luminosa… la figura immensa e piena di ombre” del musicista boemo (1860-1911). Le vicende biografiche del compositore sono state ricostruite attraverso i suoi scritti, il diario della moglie Alma, le testimonianze della stampa dell’epoca e gli approfonditi studi critici susseguitisi nell’arco dell’ultimo secolo: Paola Capriolo si è concessa qualche minima licenza narrativa, nel comporre il testo che appare subito al lettore come “il frutto di un lungo amore”, un omaggio sentito e riconoscente a Gustav Mahler.
La co-protagonista è Marie, personaggio totalmente inventato: nipote quindicenne dei proprietari del maso dove il Kapellmeister trascorse le ultime tre estati della sua vita, era stata incaricata dagli zii di accudirlo nella casetta di legno in mezzo al bosco in cui il Maestro aveva scelto si rinchiudersi per comporre senza essere disturbato Il canto della terra, la Nona e la Decima Sinfonia. A Toblach, oggi Dobbiaco, in Alto Adige, nel silenzio delle montagne tirolesi, tra gente semplice e priva di inquietudini intellettuali. Gustav Mahler era diverso da tutte le persone che Marie aveva incontrato: non solo per il genio riconosciuto universalmente, o perché risiedeva in eleganti dimore tra Vienna e New York, o per la sua origine ebraica considerata con diffidenza, ma soprattutto perché “era qualcuno che, mentre viveva tra loro, seguitava ad appartenere nel suo intimo a un’altra, sconfinata dimensione”, preclusa a chiunque. Forse non a lei, però, che gli si avvicinava con docile devozione, comprendendo e giustificando i suoi misteriosi silenzi, le improvvise rabbie, le malinconiche meditazioni. Alla ragazza il Maestro confidava la miseria dell’infanzia, i numerosi lutti familiari, le fatiche di un’affermazione pubblica troppo spesso contestata, gli intrighi dell’ambiente musicale austriaco e americano. Le insegnava ad apprezzare la novità delle sue composizioni, con le loro discordanze, gli attriti, i contrasti capaci di urtare e scandalizzare il pubblico più tradizionale, convinto che la musica dovesse esprimere insieme rassegnazione e speranza, morte e resurrezione, dolore profondo e assoluta gioia. Si faceva accompagnare nelle passeggiate che il suo cuore malandato affrontava con passo lento, interrotte da frequenti pause per osservare le nuvole in cielo, i piccoli funghi che spuntavano sui sentieri erbosi, da non calpestare. Marie seguiva le sue parole con una fedeltà stupita e attenta, e un’indulgenza maggiore di quella dimostrata dalla giovane e bellissima moglie di lui, Alma, sinuosa nei movimenti e volitiva nelle azioni, che talvolta non riusciva a celare l’insofferenza per l’esibita nevrastenia del marito. Mahler adorava la sua sposa, e così ne parlava a Marie: “Io sono tutto dubbi, lei, per volontà del destino, tutta certezze. Per me la bellezza è nostalgia, per lei tranquillo possesso”. Il Kapellmeister e la quindicenne, tanto lontani per età ed esperienza, “cercavano rifugio l’uno nell’altra con uno slancio istintivo in grado di superare tutte le differenze di cultura e di ceto”: lei, ingenua adolescente, lui artista tormentato e famoso.
Paola Capriolo ci accompagna nella quotidianità laboriosa della ragazza, tra i lavori domestici e agricoli, nelle feste paesane, nei litigi col cugino Andreas già destinatole come sposo, e insieme ci fa seguire passo dopo passo la composizione del capolavoro mahleriano Das Lied von der Erde (che “deve svanire senza concludersi, finire senza finire… perché anche la morte deve essere eterna, o non potrebbe esserlo la vita”) e delle due ultime sinfonie, in cui grottesco e macabro si confondono con la nostalgia del cielo, e le scomposte dissonanze si addolciscono in un’indicibile armonia.
Gustav Mahler, essendosi votato totalmente alla musica (“dolcissimo e amaro calvario”) si interrogava spesso sulla propria fede e missione di compositore e direttore d’orchestra: “Perché proprio musica, se la musica non è meno effimera dei fiori di campo, del fiato degli animali, di un rintocco di campane la cui eco svanisce a poco a poco nel cielo del mattino? Appunto a queste cose effimere, sin dall’inizio, io mi sono sforzato follemente di dare voce, quasi mi illudessi di sottrarle alla morsa del tempo, mentre in realtà non facevo altro che consentire alla morte, alla caducità, di insinuarsi sempre più nel cuore della mia opera”. Il toccante addio alla vita dell’Adagio della Nona Sinfonia, composta nel capanno di Toblach, era già un presagio della morte del compositore, avvenuta a Vienna nel 1911, un anno dopo aver ottenuto un tributo entusiasta alla Neue Musik-Festhalle di Monaco per l’esecuzione dell’Ottava, interpretata da un organico di mille elementi. In platea, aveva applaudito il Maestro un pubblico d’eccezione: da Henry Ford a Thomas Mann, da Richard Strauss ad Arnold Schönberg, da Stefan Zweig a Max Reinhardt, da Siegfried Wagner alla principessa Thurn und Taxis. Ma Mahler rimaneva ai propri occhi “Uno che è tre volte straniero: come boemo in Austria, come austriaco in America, come ebreo in tutto il mondo…”. Estraneo al mondo, vicino però alla candida sensibilità di una ragazzina tirolese, forse la più sincera nel piangerne la morte, appresa con dolore dai compaesani e dal giornale in cui tenacemente cercava testimonianze dei successi internazionali del suo illustre amico.
Paola Capriolo ha reso omaggio, con questo romanzo, al rapporto inusuale e profondo che si può instaurare tra due anime, esprimendo inoltre un doveroso sentimento di gratitudine alla grandezza di chi con la sua musica ha reso il mondo migliore. Gratitudine che condivido anch’io, quando ogni cinque anni mi reco a Vienna per posare tre rose bianche sulla tomba del cimitero di Grinzing.
© Riproduzione riservata «Il Pickwick», 11 settembre 2019