IL CANTO DELL’ULTIMO INCONTRO
Così smarrito gelava il petto,
ma andavo con passi leggeri.
Infilai nella mano destra
il guanto della sinistra.
Parevano tanti i gradini,
pure sapevo: erano solo tre!
Un fiato di autunno fra gli aceri
invocava: «Muori con me!
Sono ingannato da un destino
triste, infido, crudele».
Gli risposi: «Caro, caro,
anch’io. Morirò con te…».
Questo è il canto dell’ultimo incontro.
Gettai uno sguardo alla casa buia.
Solo in stanza da letto le candele
ardevano di un lume indifferente e giallo.
***
C’È NEL CONTATTO UMANO
C’è nel contatto umano un limite fatale,
non lo varca né amore né passione,
pur se in muto spavento si fondono le labbra
e il cuore si dilacera d’amore.
Perfino l’amicizia vi è impotente,
e anni d’alta, fiammeggiante gioia,
quando libera è l’anima ed estranea
allo struggersi lento del piacere.
Chi cerca di raggiungerlo è folle,
se lo tocca soffre una sorda pena…
ora hai compreso perché il mio cuore
non batte sotto la tua mano.
***
E SUL MIO PETTO
E sul mio petto ancora vivo
piombò la parola di pietra.
Non fa nulla, vi ero pronta,
in qualche modo ne verrò a capo.
Oggi ho da fare molte cose:
occorre sino in fondo uccidere la memoria,
occorre che l’anima impietrisca,
occorre imparare di nuovo a vivere.
Se no… Oltre la finestra
l’ardente fremito dell’estate, come una festa.
Da tempo lo presentivo:
un giorno radioso e la casa deserta.
Anna Achmatova (1889-1966)