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MAESTRI

REBORA

DALL’IMMAGINE TESA

Dall’immagine tesa
Vigilo l’istante
Con imminenza di attesa –
E non aspetto nessuno:
Nell’ombra accesa
Spio il campanello
Che impercettibile spande
Un polline di suono –
E non aspetto nessuno:
Fra quattro mura
Stupefatte di spazio
Più che un deserto
Non aspetto nessuno:
Ma deve venire,
Verrà, se resisto
A sbocciare non visto,
Verrà d’improvviso,
Quando meno l’avverto:
Verrà quasi perdono
Di quanto fa morire,
Verrà a farmi certo
Del suo e mio tesoro,
Verrà come ristoro
Delle mie e sue pene,
Verrà, forse già viene
Il suo bisbiglio.

                                                            Clemente Rebora (1885-1957)

MAESTRI

REBORA

SEDIAMOCI E PARLIAMO
Sediamoci e parliamo
giro la chiave della porta
entriamo dove c’è
un paesaggio di forme conosciute
una camera con cose delle quali
ho già detto una volta
quando ho compiuto il gesto di arrivare…
non è tana o rifugio
o il luogo dove un vecchio si ferma
forse è una sosta di quiete e di silenzio
muri con una finestra la’ in fondo. Entriamo dunque e sediamoci
non manca nulla
neppure lo sgomento
e la gioia che gioca con le ombre
e l’evidenza splendente degli enigmi
e le risposte non date
e l’attesa ancora
e la serenità anche
timorosa tentatrice… Lo so che per ripetere
sei venuta voce di domani
che nasce dal semibuio del passato…
procediamo non soli
con una morte sconosciuta accanto…
conosciamo di noi sempre altro
volti che affiorano
e il sussurrio ritrova
sillabe non disperse nel tempo.Se riposo a volte
sento gridare aspetta
e riconosco chi grida
ed altri che verranno…
siamo pronti forse
a risponderci pacatamente. 

Roberto Rebora (1910-1992)

MAESTRI

RICH

PER I MORTI

Ho sognato di chiamarti al telefono
per dirti: Sii più dolce con te stesso
ma eri ammalato e non hai risposto
Lo spreco del mio amore prosegue in questo modo
cercando di salvarti da te stesso
ho sempre pensato ai residui
di energia, di come l’acqua scorre da un colle
dopo che le piogge si sono fermate
o del fuoco che vuoi lasciare quando vai a letto
ma senza riuscirci, che si consuma senza spegnersi,
i carboni sempre più rossi, sempre più strani
nel scintillare e nello spegnersi
di quanto tu non lo desiderassi
seduto lì a mezzanotte passata

                                                                                                                                 Adrienne Rich (1929-2012)

MAESTRI

RILKE

UNA DONNA SFIORITA

Leggeri, come dopo morte, porta
il fazzoletto, il guanto.
Un profumo dal suo comodino
ha scacciato l’odore a lei caro

al quale prima si riconosceva.
Ora da tanto tempo più non chiede chi
lei sia (una parente lontana),
e sopra pensiero si aggira

e si dedica ansiosa a una stanza
che riordina e tratta con riguardo
perché forse ancor oggi
la stessa ragazza la abita.

***

IL RISVEGLIO DEL VENTO
 Nel colmo della notte, a volte accade
che si risvegli, come un bambino, il vento.
Solo, pian piano, viene per il sentiero,
penetra nel villaggio addormentato.
Striscia guardingo sino alla fontana,
poi si sofferma, tacito in ascolto.
Pallide stanno tutte le case intorno;
tutte le querce mute.
***

L’ADULTA

Tutto ciò su lei stava ed era il mondo,
stava su lei con tutto, pietà e ansia, come alberi
che crescono diritti; tutto immagine,
eppure senza immagini, come arca dell’alleanza,
e solenne, come rivolto a un popolo.

E lei lo sosteneva tutto intero,
ciò che vola, che fugge, che è lontano,
l’immenso, il non appreso ancora, calma
come la portatrice d’acqua regge
la brocca colma. Finché a mezzo il gioco,
trasformando e altro preparando,
insensibile il primo velo bianco
sul volto aperto adagio scivolò,

diafano quasi e per non più levarsi,
e chi sa come a ogni domanda una
sola, vaga risposta replicando:
in te, che un tempo fosti bambina, in te.

 

                                                                    Rainer Maria Rilke (1875-1927)
MAESTRI

RIPELLINO

LO SPLENDIDO VIOLINO VERDE – 28

Perché così cattivi con gli alberi?
Coi tronchi tremanti che avanzano a quattro zampe,
con le foglioline malate che vi leccano le mani,
coi ramoscelli scodinzolanti?
Oh, non dico che la vita sia sempre
la marcia nuziale di Mendelssohn,
ma la colpa non è degli alberi.

 

Angelo Maria Ripellino (1923-1978)

MAESTRI

RISI

MADRIGALE

Ho fatto un pieno di versi
per la traversata dei deserti
dell’amore, là dove il viaggiare
più comporta dei rischi, dove
occorre tenere gli occhi bene aperti
perché non sempre regge il cuore

A malapena si conserva un viso
se il tempo ingoia il resto;
con un ritratto appeso non si va
molto lontano, a meno che un sorriso
una figura non venga a divorarti
con dolcezza, un modo ancora
per stare con la vita.

 

Nelo Risi (1920-2015)

MAESTRI

RISSET

IL GIARDINO

Talmente pensato a te in questo giardino
questa casa
questi anni
che ora penso a te senza pensarci
battere di vetri
colpo di vento improvviso nella notte
e ora la pioggia
gocce sulle foglie
che risuonano nei tubi

lontano rumore tranquillo del treno

«gran treno di notte
attraverso l’Europa
illuminata»

rumore come in sogno notte
quando l’oro del giorno è così duraturo
astro di traverso e linea diritta
che sale con gli altri astri
che piega e ripiega il nero alla memoria di lui
veloce
attraverso il cielo
che palpita

 

                                                                               Jacqueline Risset (1936-2014)

MAESTRI

RITSOS

L’ALTRA SOLITUDINE

Esistono molte solitudini intersecate – dice – sopra e sotto
ed altre in mezzo;
diverse o simili, ineluttabili, imposte
o come scelte, come libere – intersecate sempre.
Ma nel profondo, in centro, esiste l’unica solitudine – dice;
una città sorda, quasi sferica, senza alcuna
insegna luminosa colorata, senza negozi, motociclette,
con una luce bianca, vuota, caliginosa, interrotta
da bagliori di segnali sconosciuti.
In questa città
da anni dimorano i poeti.
Camminano senza far rumore, con le mani conserte,
ricordano vagamente fatti dimenticati, parole, paesaggi,
questi consolatori del mondo, i sempre sconsolati, braccati
dai cani, dagli uomini, dalle tarme, dai topi, dalle stelle,
inseguiti dalle loro stesse parole, dette o non dette.

 

Yiannis Ritsos (1909-1990)

MAESTRI

RODARI

I MARI DELLA LUNA
Nei mari della luna
tuffi non se ne fanno:
non c’è una goccia d’acqua,
pesci non ce ne stanno.
Che magnifico mare
per chi non sa nuotare!
Gianni Rodari (1920-1980)
MAESTRI

ROMAGNOLI

RITO

Mia madre celebrava la mattina
con un caffè solitario.
Filtravano dalla cucina
neri aromi in un chiaro di gesso.
Toccavano rumori la parete
per farsi indovinare
da me, che silenziosa
sorridevo nel buio «vi conosco!»

Mia madre la mattina
stava sola di là, come Dio
sta sulla terra e sul mare.
Prendeva il giorno nelle sue mani rosse.
Ribattezzava oggetto per oggetto,
assegnava alle cose il loro posto.
Come farà, che adesso
sola fatica della sue mani è stare
incrociate sul petto.

***

FALSA IDENTITÀ

Prima o dopo qualcuno lo scopre:
io sono già morta
da viva. È di donna straniera
la faccia tra i capelli in giù sporta
che subito si ritira,
l’ombra che dietro le tende
s’aggira di sera,
il passo che viene alla porta
e non apre. Suo il canto
che intriga i vicini coprendo
i miei gridi sepolti. Qualcuno
prima o dopo lo scopre. Ma intanto…
Lei a proclamarsi non esita,
lei mostra il mio biglietto da visita.
Io nel buio, in catene, a un palmo
da voi di distanza, sul muro
graffio questa riga contorta:
testimonianza che mio
era il nome alla porta, ma il corpo
non ero io.

                                                Fernanda Romagnoli (1916-1986)