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MAESTRI

CAMPO

MORIREMO LONTANI

Moriremo lontani. Sarà molto
se poserò la guancia nel tuo palmo
a Capodanno; se nel mio la traccia
contemplerai di un’altra migrazione.

Dell’anima ben poco
sappiamo. Berrà forse dai bacini
delle concave notti senza passi,
poserà sotto aeree piantagioni
germinate dai sassi…

O signore e fratello! ma di noi
sopra una sola teca di cristallo
popoli studiosi scriveranno
forse, tra mille inverni:

«nessun vincolo univa questi morti
nella necropoli deserta».

 

Cristina Campo (1923-1977)

MAESTRI

CANALI

SUSSULTO

Finire, svanire, deglutire
me stesso, ma finalmente
in un assalto alla vita
leale o fraudolenta,
non in brutale o ipocrita
ritorno alla placenta.

                                                                 Luca Canali (1925-2014)

MAESTRI

CAPRONI

SENZA ESCLAMATIVI

Com’è alto il dolore.
L’amore, com’è bestia.
Vuoto delle parole
che scavano nel vuoto vuoti
monumenti di vuoto. Vuoto
del grano che già raggiunse
(nel sole) l’altezza del cuore.

***

LE CARTE

…Imbrogliare le carte
far perdere la partita.
E’ il compito del poeta?
Lo scopo della sua vita?

***

I CAMPI

“Avanti! Ancora avanti!”
urlai.
Il vetturale
si voltò.
“Signore”,
mi fece. “Più avanti
non ci sono che i campi”.
***
VERSICOLI QUASI ECOLOGICI

Non uccidete il mare,
la libellula, il vento.
Non soffocate il lamento
(il canto!) del lamantino.
Il galagone, il pino:
anche di questo è fatto
l’uomo. E chi per profitto vile
fulmina un pesce, un fiume,
non fatelo cavaliere
del lavoro. L’amore
finisce dove finisce l’erba
e l’acqua muore. Dove
sparendo la foresta
e l’aria verde, chi resta
sospira nel sempre più vasto
paese guasto: Come
potrebbe tornare a essere bella,
scomparso l’uomo, la terra.

                                                                         Giorgio Caproni (1912-1990)

MAESTRI

CARVER

SEMPLICE

Uno squarcio tra le nubi. L’azzurrino
profilo dei monti.
Il giallo cupo dei campi.
Il fiume nero. Che ci faccio qui,
solo e pieno di rimorsi?

Continuo a mangiare come niente dalla ciotola
di lamponi. Se fossi morto,
rammento a me stesso, ora non
li mangerei. Non è così semplice.
Anzi, no, è semplicissimo.

 

Raymond Carver (1938-1988)

MAESTRI

CASSIAN

LA TENTAZIONE

Più vivo di così non sarai mai, te lo prometto.
Per la prima volta vedrai i pori schiudersi
come musi di pesce e potrai ascoltare
il mormorio del sangue nelle gallerie
e sentire la luce scivolarti sulle cornee
come lo strascico di un abito; per la prima volta
avvertirai la gravità pungerti
come una spina nel calcagno
e per l’imperativo delle ali avrai male alle scapole.
Ti prometto di renderti talmente vivo che
la polvere ti assorderà cadendo sopra i mobili,
che le sopracciglia diventeranno due ferite fresche
e ti parrà che i tuoi ricordi inizino
con la creazione del mondo.

                                                                  Nina Cassian (1924-2014)

MAESTRI

CATTAFI

E  DOVUNQUE

A volte nel rifugio del mio angolo
credo di metterti in quel muro
o in quell’altro
che nell’angolo s’incontrano
mai invece potrò metterti in mostra
o coi modi invisibili del cuore
in un posto portarti
sei in me e dovunque
come un salnitro
da gran tempo abiti anche i muri.

***

GESTO

Non è vero che non successe nulla
quando tirasti fuori la mano dalla tasca
e a braccio teso tagliasti
l’aria
da sinistra a destra
dall’alto verso il basso
successe che a braccio teso
tagliasti l’aria
e ciò ebbe il suoi peso
l’aria non è più come prima
è tagliata.

                                                             Bartolo Cattafi (1922-1979)

MAESTRI

CAVALLI

QUESTA NOTTE PERFETTA 

Questa notte perfetta, questa ora così dolce,
il silenzio, e nessuno che disturbi
in questa casa esposta solo al mare e al cielo
nella temperatura giusta della carne,
io senza carne qui di fronte a te
mentre mi annoio e mentre tu ti annoi e credi
che rompere il silenzio rompa la noia
che invece ogni parola accresce. E adesso?
Annoiarsi da soli forse è un lusso,
ma annoiarsi in due è disperazione
– non è noia che placida risieda,
ma attivamente lavora nel mio sangue
e mi fa scarsa e debole, mi estingue.

 

                                                                                                                   Patrizia Cavalli (1947-1922)

MAESTRI

CELAN

CORONA

L’autunno mi bruca dalla mano la sua foglia: siamo amici.
Noi sgusciamo il tempo dalle noci e gli apprendiamo a camminare:
lui ritorna nel guscio.

Nello specchio è domenica,
nel sogno si dorme,
la bocca fa profezia.

Il mio occhio scende al sesso dell’amata:
noi ci guardiamo,
noi ci diciamo cose oscure,
noi ci amiamo come papavero e memoria,
noi dormiamo come vino nelle conchiglie,
come il mare nel raggio sanguigno della luna.

Noi stiamo allacciati alla finestra, dalla strada ci guardano:
è tempo che si sappia!
E’ tempo che la pietra accetti di fiorire,
che l’affanno abbia un cuore che batte.
E’ tempo che sia tempo.

E’ tempo.

 

                                                                                       Paul Celan (1920-1970)

MAESTRI

CHAR

IL POETA

Il poeta si distingue per il numero di pagine
insignificanti che non scrive.
Egli possiede tutte le strade
della vita smemorata: per distribuire
le sue povere elemosine
e sputare quel poco di sangue
che non lo farà morire.

***

A OCCHI CHIUSI

A occhi chiusi e nello sforzo di prendere sonno,
vedo brillare, sul fondo delle mie palpebre,
una brace: è l’anima ostinata,
il relitto lampeggiante
del naufragio glorioso del mio giorno.

 

                                                                                                                    René Char (1907-1988)

MAESTRI

CHODASEVIC

LA PIOGGIA

Di tutto sono felice: della città fradicia,

dei tetti, fino a ieri polverosi,

che oggi, lustri come seta lucida,

brillano in rivoli d’argento.

 

Felice della mia passione spenta,

guardo dalla finestra sorridendo,

mentre passi oltre veloce

per la strada scivolosa, sola.

 

Felice che più forte cada la pioggia,

mentre, riparata in un androne altrui,

tu rovesci l’ombrello bagnato,

sgrullandoti dalla pioggia.

 

Felice che tu mi abbia dimenticato

quando esci da quel portico,

senza uno sguardo alla mia finestra,

senza rivolgermi il viso.

 

Felice che sia tu a passare oltre,

eppure che io possa vederti,

che tanto magnifica e innocente

passi col suo ardore la primavera.

 

 

                                                                                                 Vladislav Chodasevic (1886-1939)