E-BOOK
2016-2017-2019-2020
Recensioni letterarie, testi editi
AAVV, ANIMALI DIVERSI – NOMOS, BUSTO ARSIZIO 2011
(a cura di Eloisa Guarracino)
Eugenio Montale in un racconto della Farfalla di Dinard scriveva: «La nostra vita è un bestiario, è un serraglio addirittura». Siamo accompagnati infatti, nel nostro percorso terreno, dalla presenza di animali, che vivono nelle nostre case, o osserviamo volteggiare nell’aria, popolare le campagne, i mari, i luoghi più esotici. Domestici e selvaggi, miti e minacciosi, minuscoli e giganteschi. Studiati nei loro comportamenti dagli scienziati, sfruttati in lavori pesanti, vivisezionati, macellati, torturati. Ma spesso anche amatissimi, viziati, ricordati con affettuoso rimpianto quando ci lasciano. Ecco che allora arriva, opportuna, divertente e originale, questa antologia edita da Nomos e curata da Eloisa Guarracino, che raccoglie 250 poesie di altrettanti poeti che, da tutti i continenti, hanno inviato un loro manoscritto dedicato al mondo animale. Il titolo, Animalidiversi, gioca ovviamente sul doppio senso, a seconda di come lo si voglia leggere: animali in versi, raccontati da famosissimi nomi stranieri (Szymborska, Bonnefoy, Ben Jelloun) e altrettanto celebri autori italiani (Merini, Loi, Cucchi, Sanguineti, Spaziani, De Angelis, Magrelli).
Un titolo che «sembra suggerire una fondazione infinita, quanto ambigua, di simbologie». Come spiega la curatrice nella prefazione, ricordando i favolisti antichi e la funzione morale da loro affidata alla rappresentazione delle bestie. Il volume, molto elegante, è corredato dalla riproduzione di una trentina di autografi, anche in arabo e in cinese, che evidenziano una loro traccia peculiare (e psicanaliticamente interpretabile), proprio come l’orma impressa dagli animali descritti, o il loro verso, il loro zigzagare nel cielo.
Tra i protagonisti raccontati, stravincono – e c’era da aspettarselo! – gatti e cani, seguiti dai cavalli. Molto numerosi sono poi gli uccelli e gli insetti, e spiccano anche alcuni “hàpax” esotici (l’indri-indri), o leggendari (draghi e dinosauri), o curiosamente inaspettati (il geco, l’iguana, la medusa, la lontra…). Ai lettori giudicare quali siano le poesie più spiritose, colte, difficili, sperimentali, intenerite o commosse: io ho trovato particolarmente originali e incisivi i versi di Buffoni, Fiori e Magrelli; ma sono molte le pagine degne di nota e interesse.
«L’Immaginazione» n. 266, dicembre 2011
AAVV, ANTOLOGIA DI POESIA FEMMINILE AMERICANA CONTEMPORANEA – ENSEMBLE, ROMA 2018
Con la traduzione di Alessandra Bava, è uscita presso l’editore romano Ensemble una interessante Antologia di poesia femminile americana contemporanea, che raccoglie testi di 13 poetesse, alcune delle quali già pubblicate in Italia in riviste e blog letterari, vincitrici di importanti premi e molto presenti online, altre più defilate o dissidenti. La scelta della curatrice ha inteso rappresentare voci e stili provenienti da diverse etnie e zone geografiche degli Usa (dalla costa occidentale alla California), accomunati tuttavia dallo stesso background culturale, fondato sulla poetica di Emily Dickinson, Walt Withman e Sylvia Plath, sulla musica jazz, blues, country e rock del ’900, sulle esperienze di tutta l’arte visiva moderna: pittura, cinema, fotografia, televisione.
Il taglio dell’antologia è ovviamente femminile, nel senso che dà rilievo a contenuti relativi alla fisicità della donna, spesso negata quando non addirittura offesa nella pratica e nell’immaginario maschile, oppure a temi politico-sociali che riguardino direttamente “l’altra metà del cielo”. Il corpo, molto presente nelle composizioni antologizzate, viene raccontato poeticamente nelle sue varie età, e nei momenti topici della nascita e della morte, della maternità e della vecchiaia, del desiderio e del rifiuto sessuale. Sono presenti anche motivi di grande interesse collettivo: dagli scandali di costume, alla violenza sui bambini, al razzismo. Ci sono versi erotici e religiosi, altri che traggono ispirazione dalla storia, dal mito o dalle favole, dalla scienza o dalla fantascienza. Lo sfondo su cui si muovono le immagini poetiche è prevalentemente quello domestico, interno a spazi privilegiati della casa: la cucina, in modo particolare. Ma non mancano richiami alla natura, in genere ritratta in ambienti di rasserenante armonia (laghi, fiumi, campagna).
Nell’introduzione, Maria Adelaide Basile presenta singolarmente le tredici autrici, segnalando i caratteri fondamentali della loro scrittura, e le opere che meglio le definiscono. Così, di Francesca Bell si cita la poesia più scandalosa e provocatoria (I Long to Hold the Poetry Editor’s in my Hand), insieme a quella piena d’affetto per la madre sorda. Maggie Smith è presente con tre testi dedicati alla relazione madre-figli, Alexis Rhone Fancher accenna a rapporti sado-maso o richiama lo sperimentalismo futurista, Diane Seuss recupera ricordi biografici e letterari (commovente il suo ritratto della Plath), Patricia Smith offre ricette culinarie o dichiara riconoscenza alla voce – corposa e spirituale insieme – di Aretha Franklin, Wendy Xu esprime lo straniamento di chi proviene da una cultura e da una lingua differente, in grado di arricchire con originalità l’esperienza compositiva.
Tutte le tredici poetesse rappresentate (13 come le righe della bandiera americana, fa notare Alessandra Bava) manifestano nella loro produzione una evidente propensione all’utilizzo orale, vocale, recitativo della parola poetica, preferendo all’accademismo la frequentazione dei festival, dei social network, delle gare di slam-poetry, in un confronto diretto e coinvolgente con il pubblico. La specificità di questa antologia, la prima – con testo inglese a fronte – dedicata all’universo poetico femminile contemporaneo, arriva a colmare un vuoto negli studi italiani di americanistica.
© Riproduzione riservata https://www.sololibri.net/Antologia-di-poesia-femminile-americana- contemporanea-vari.html 21 marzo 2019
AAVV, ANTOLOGIA DI POESIA FEMMINILE BRITANNICA CONTEMPORANEA. CON TESTO A FRONTE – ENSEMBLE, ROMA 2020
Alessandra Bava, poeta e traduttrice, che per le Edizioni Ensemble ha già curato due antologie di versi con testo inglese a fronte, si cimenta ora in questa nuova proposta, l’Antologia di poesia femminile britannica, dedicata a undici autrici di oltremanica.
Nell’importante introduzione, che finge anche da commento ad alcuni testi, si sofferma sul nuovo panorama della scrittura delle donne inglesi, “dominata in gran parte da un gruppo di giovani e agguerrite trentenni che affrontano con toni lirici e arrabbiati temi che spaziano dall’attualità alla maternità, dalla sessualità allo scontro di classe”. Queste autrici diffondono i loro testi soprattutto sui palcoscenici, attraverso YouTube o sui social media, ottenendo sempre grande interesse e successo di pubblico. Solo nel 2018 sono stati acquistati 1 milione e 300mila copie di volumi di poesia, i cui acquirenti appartengono al range di donne sotto i 35 anni. Poetesse giovani per lettrici giovani, quindi. Quelle presentate in quest’antologia si differenziano per origine, classe sociale, formazione culturale.
Si va dalla femminista scozzese Hollie McNish, che esibisce anche in maniera polemica la sua decisa e orgogliosa consapevolezza di ciò che significa essere donna (il disprezzo verso la volgarità di alcune esibizioni maschili, la richiesta politica di poter allattare la propria bambina in pubblico, o la difesa dell’immigrazione nel Regno Unito della Brexit), a Caroline Bird che ironizza sull’amore romantico, sulla morte e sul proprio lesbismo. Melissa Lee-Houghton, più complessa e autobiografica, affronta temi civili in maniera critica e spesso viscerale, e dolorosamente ammete la sua dipendenza dall’eroina. Liz Berry preferisce affrontare con toni elegiaci le memorie di un’infanzia trascorsa nella campagna del West Midlands presso Birmingham., mentre gli argomenti trattati da Helen Mort spaziano da descrizioni paesaggistiche a divertissement ironici all’impegno politico anti-conservatore.
La più anziana tra le poetesse rappresentate è Annie Freud (Londra 1948),, nipote di Sigmund e figlia di Lucien, che dal padre ha ereditato l’interesse per la pittura: nell’antologia si possono leggere due poesie dedicate all’Italia, paese da le molto amato. Theresa Lola ha origini nigeriane (Lagos 1994), e la sua scrittura si confronta con tematiche tipicamente giovanili: dalla musica hip hop, ai contrasti con i genitori, alle competizioni studentesche. Heather Phillipson è un’affermata artista che si occupa di scultura, disegno e performance visive, e sperimenta sulla pagina diverse formule espressive. Hannah Lowe, di padre cino-giamaicano, dedica alla figura paterna e al paese originario di lui versi di intenerita nostalgia. I genitori di Mona Arshi sono invece sikh punjabi, e della spiritualità indiana la poetessa-avvocato ha spesso tratto ispirazione. Conclude la rassegna proposta da Alessandra Bava la poesia ecologista di Yvonne Reddick, critica letteraria scozzese, amante della montagna e visionaria creatrice di immagini sulfuree.
Modi diversi di essere donne e poete, diversi stili e racconti, tutti esemplari però di una fiducia fiera e consapevole nel potere dell’espressione poetica.
© Riproduzione riservata 2 MARZO 2020
https://www.sololibri.net/antologia–poesia–femminile-britannica- contemporanea.htm
AAVV, CHARTER IN DELIRIO! – ELLIOT, ROMA 2016
Può esistere una relazione, e quanto feconda o stimolante, tra la poesia e l’intelligenza artificiale? Già da anni, e con diversi esiti, si sono tentati esperimenti in proposito, costruendo programmi in cui i computer producevano versi automatici, in forme apertissime e sperimentali o secondo una metrica rigorosa e classica. Versi senza anima, si diceva, meccanici, random, ridicoli: ma già qualche critico ha teorizzato un futuro robotico per la poesia, indipendente dalla creazione e dalla sensibilità umana. La casa editrice Elliot ha proposto recentemente un interessante esperimento in questa direzione, sottoponendo a un traduttore automatico la versione dall’inglese all’italiano di alcune poesie di Emily Dickinson. Così la più misteriosa e indagata poetessa americana dell’ottocento ha visto i suoi versi – sospesi, metaforici, ellittici, allusivi – inesorabilmente alterati da un implacabile «meccanismo di traslazione linguistica e semantica», come scrive nella postfazione la nota traduttrice Martina Testa. La quale si interroga, e ci interroga, sui risultati che un’operazione del genere può ottenere quando venga applicata non più ad esigenze pratiche, di lavoro o turismo, ma a testi letterari di valore.
Risultati sconcertanti e comici, ovviamente. Gli errori che un computer compie di fronte alla versione poetica in un’altra lingua sono essenzialmente di travisamento della funzione grammaticale o sintattica di sostantivi-verbi-attributi-preposizioni, di non riconoscimento dei soggetti o dei tempi verbali, di fraintendimenti lessicali, di modernizzazione di termini desueti, o volgarizzazioni di espressioni poetiche. Pertanto, «They may make the trifle / Termed mortality!», diventa «possono prendere la zuppa inglese / definita mortalità»»oppure ««I only sigh, – no vehicle / Bears me along that way»» produce «ho solo un sospiro, – nessun veicolo / mi orsi lungo quella strada». E improvvisamente nella poesia della morigerata Emily compaiono voli charter, bandiere gay, siti web, campionati di calcio, patrimoni netti, scanners, peluche, ecstasy in una fantasmagorica attualizzazione dell’eleganza arcaica.
Eppure eppure, qualcosa di involontariamente poetico rimane in questo micidiale e disanimato congegno traduttorio, qualche immagine evocativa, un accostamento originale, una combinazione oltraggiosamente destabilizzante. Marzia Grillo nella prefazione saluta con ironica partecipazione questo «linguaggio nuovo, al quale non siamo abituati e che non subiamo passivamente: è la nostra stessa lingua ma piena di ombre e lacune, dubbi e abbagli, sviste divertenti e in fondo accattivanti». E Martina Testa ci ricorda che «le parole sono in grado di smontare e rimontare interi mondi». Resta a noi lettori la possibilità di guardare oltre, divertendoci, ponendoci domande, e magari di voler tornare a leggere, in originale, i versi immortali di una grande poetessa.
© Riproduzione riservata www.sololibri.net/Charter-in-delirio-Un-esperimento.html 2 aprile 2016
AAVV, CHE DICE LA PIOGGERELLINA DI MARZO – MANNI, SAN CESARIO DI LECCE 2016
Le edizioni Manni hanno avuto l’intelligente e spiritosa idea di raccogliere nel volumetto Che dice la pioggerellina di marzo le più famose poesie dei libri di scuola degli anni cinquanta, quelle che implacabili maestri e ligie professoresse imponevano di “mandare a mente” ai fanciulli e agli adolescenti dell’epoca post-bellica, oggi canuti sessantenni e più. Si trattava di versi spesso e volentieri stucchevoli, retorici, enfatici, sentimentali, incentrati sull’esaltazione di valori familiari e patriottici tipici della propaganda fascista; versi che insistevano sul decoro, sul rispetto per il lavoro umile e onesto, per le tradizioni religiose e nazionali, per la natura incontaminata, e che frequentemente alludevano in maniera drammatica e colpevolizzante alla crudeltà della morte, all’ingiustizia della povertà, all’implacabile prevalere del male.
Ma, come suggerisce nella sua pungente e divertita prefazione Piero Dorfles, lo studio della rima martellante instillato nelle menti acerbe degli scolari poteva risultare «una fondamentale ginnastica intellettuale» oggi trascurata, e la necessità ribadita del dover essere studiosi, onesti, diligenti forse non produceva irreparabili danni, anzi poteva inconsapevolmente suscitare “qualche sano anticorpo” di ironia e spirito critico.
L’editore Piero Manni, nella sua premessa, riassume brevemente lo stato dell’istruzione italiana dalla riforma Gentile del 1923 all’introduzione del testo unico di Stato per tutte le scuole del 1930, che nei fatti negava qualsiasi libertà didattica, favorendo «un ideale di immobilità e tradizionalismo nella struttura sociale del paese». Realtà pedagogica che rimase inalterata fino alla metà degli anni sessanta, contribuendo alla costruzione di un consenso popolare prono agli interessi di una classe dirigente conservatrice.
Questo volume, quindi, si propone non solo come un valido strumento di indagine storica e culturale, ma anche come un omaggio all’ingenuità non del tutto innocente di poeti e versificatori utilizzati didatticamente e politicamente.
Offro qui, a titolo di curiosità, una limitata rassegna dei versi più noti tra quelli antologizzati:
Foscolo: Né più mai toccherò le sacre sponde / ove il mio corpo fanciulletto giacque
Leopardi: La donzelletta vien dalla campagna / in sul calar del sole
Manzoni: Ei fu. Siccome immobile, / dato il mortal sospiro
Giusti: Vostra eccellenza, che mi sta in cagnesco / per que’ pochi scherzucci di dozzina
Pascoli: O cavallina, cavallina storna, / che portavi colui che non ritorna
Carducci: L’albero a cui tendevi / la pargoletta mano
Fusinato: Il morbo infuria, / il pan ci manca,/ sul ponte sventola / bandiera bianca!
Mercantini: Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!
Dall’Ongaro: Viva l’Italia! Viva il lavoro!
Bosi: Addio mia bella addio, / che l’armata se ne va
D’Annunzio: Settembre, andiamo. È tempo di migrare
De Amicis: mia madre ha sessant’anni, / e più la guardo e più mi sembra bella
Palazzeschi: Tre casettine / dai tetti aguzzi, / un verde praticello, / un esiguo ruscello: rio Bo
Novaro: Ci vuole così poco / a farsi voler bene, / una parola buona / detta quando conviene
Gozzano: Consolati, Maria, del tuo pellegrinare! / Siam giunti. Ecco Betlemme ornata di trofei
Ungaretti: Ricorderai d’avermi atteso tanto, / e avrai negli occhi un rapido sospiro
Lina Schwarz: Stella, stellina, la notte s’avvicina, / la fiamma traballa, / la mucca è nella stalla
Moretti: Ero un fanciullo, andavo a scuola: e un giorno / dissi a me stesso: “Non ci voglio andare
Zietta Liù: Un bacio a mamma, uno a nonnetta, / il bimbo allegro a scuola va…
Ecco, se figli adulti e giovani nipoti regalassero a genitori e nonni Che dice la pioggerellina di marzo con le sue attempate poesie, forse vedrebbero spuntare (tanto per rimanere in tema) furtive lagrimette e sorrisini nostalgici.
© Riproduzione riservata www.sololibri.net/Che-dice-pioggerellina-marzo.html 30 aprile 2016
AAVV, I NOSTRI POETI – EDIZIONI DELL’ASINO, ROMA 2016
La Casa Editrice dell’Asino (che il suo fondatore Goffredo Fofi definisce «minima e povera») ha pubblicato un’«Antologia civile essenziale dell’Italia repubblicana», offrendo ai lettori un florilegio di poesie firmate da 36 autori italiani attivi dal dopoguerra a oggi. Dei poeti citati, sette sono donne (Cavalli, Guasti, Merini, Morante, Ortese, Ramondino, Rosselli) e quattro dialettali (De Vita, Meneghetti, Noventa, Scataglini). Due di loro sono poi da considerarsi “atipici”, in quanto si sono ritagliati nella storia del nostro paese un nobilissimo spazio di pensatori dell’utopia e combattenti della nonviolenza: Danilo Dolci e Aldo Capitini.
Tutti i poeti rappresentati sono comunque eccezionali megafoni della parola non asservita al potere, della parola libera e liberante: dell’indignazione o del rifiuto, della testimonianza sofferta o del silenzio allarmato. Così si giustificano le denunce più risolute di Pasolini («Ma come io possiedo la storia, / essa mi possiede: ne sono illuminato: // ma a che serve la luce?»), di Fortini («La poesia / non muta nulla. Nulla è sicuro, ma scrivi»), di Luzi («È il tempo / che ai rassegnati a questa quasi vita / s’appicca un fuoco di rivolta»), di Sereni («Insiste che conta più della speranza l’ira / e più dell’ira la chiarezza // … sin quando il nodo spezzerà di squallore e rigurgito / un grido troppo tempo in noi represso / dal fondo di questi asettici inferni») e soprattutto del molto giustamente celebrato Giovanni Giudici («Io che parlo del popolo (fu poco / lo spazio per decidere) è di me / che parlo consapevole, perché / la volontà non basta, occorre il fuoco / per non morire»; «Dove sono gli intelligenti / mentre inizia l’inventario degli assenti?»). Ma altrettanto giustificate e convincenti sono le scelte di poeti più riservati e indulgenti, come Umberto Saba e Giorgio Caproni, o addirittura dichiaratamente conservatori come Montale, esemplificato nella sua composizione più alta, più coraggiosamente risentita: Piccolo Testamento («Ognuno riconosce i suoi: l’orgoglio / non era fuga, l’umiltà non era / vile, il tenue bagliore strofinato / laggiù non era quello di un fiammifero»).
Se questa antologia «arbitraria, faziosa e parziale», come viene definita dal curatore e prefatore Stefano Guerriero, è riuscita a evitare «il rischio dell’enfasi retorica», poteva forse sbilanciarsi maggiormente presentando voci più giovani e arrabbiate, scandagliando nelle pieghe di una produzione poetica alternativa, marginale, troppo trascurata.
© Riproduzione riservata www.sololibri.net/I-nostri-poeti-Antologia-civile.html
11 ottobre 2016
AA.VV., IL DIMENTICATOIO – CESATI, FIRENZE 2016
Ci siamo ridotti a parlare una lingua impoverita, spersonalizzata, uniforme e noiosa, modulata sui termini veicolati dai media: neologismi spesso orripilanti, echeggiati dallo slang anglo-americano; terminologie generiche, approssimazioni verbali, banalità colloquiali, abbreviazioni immotivate. Italo Calvino così scriveva nelle sue Lezioni Americane: «Credo che la mia prima spinta venga da una mia ipersensibilità o allergia: mi sembra che il linguaggio venga sempre usato in modo molto approssimativo, casuale, sbadato, e ne provo un fastidio intollerabile».
Anche per ovviare al nostro conformismo linguistico, oltreché per offrire ai lettori (incuriosendoli, provocandoli) un campionario di vocaboli desueti, obsoleti, poco comuni, l’editore fiorentino Cesati ha pubblicato un “dizionario delle parole perdute”: Il dimenticatoio, composto dalle sue redattrici, “un gruppo dii persone che lavora ogni giorno su testi specialistici legati alla letteratura e alla linguistica”. A cui deve andare la nostra gratitudine, perché sfogliare questo volume ci arricchisce, divertendoci e istruendoci: meriti non da poco, in questi tempi in cui non solo le idee, ma anche le parole si stanno pericolosamente omogeneizzando
I termini selezionati appartengono alla poesia e alla narrativa, all’uso quotidiano – regionale e nazionale – del nostro presente e del passato più o meno lontano, al parlato “basso” e popolare, al linguaggio scientifico e giornalistico: ma hanno tutti la peculiarità di essere stati dimenticati in qualche cassetto della memoria collettiva, incellofanati sotto naftalina, ammazzati per pigrizia e trascuratezza. Di ognuna delle 2000 parole proposte viene spiegato il significato, letterale o figurato, si offrono esempi d’uso e una serie di sinonimi, qualche curiosità, riferimenti letterari. E se le persone di media cultura, lettori sporadici, aspiranti scrittori possono vantarsi di riconoscere vocaboli preziosi ma non abusati quali abbacinare, limine, imbolsire, facondia, si può scommettere che nemmeno i più accaniti e appassionati linguisti e consultatori di dizionari sappiano definire con certezza il significato di accismare, calamistro, ecatologo, gorgiato, menecmo, nembrodico, razzese, e via discorrendo, leggendo, sfogliando. Un libro simpatico, accattivante anche graficamente, a cui attingere quotidianamente per arricchire il nostro lessico, ma soprattutto per salvare il patrimonio culturale più prezioso che abbiamo: le parole.
© Riproduzione riservata www.sololibri.net/dimenticatoio-dizionario-parole-perdute.html
6 febbraio 2017
AAVV, IL MARADAGÀL. RIVISTA DI PENSIERO LETTERE ARTI, anno IV, n. 8
MARCO SAYA EDIZIONI, MILANO 2022
L’ottavo numero della rivista Il Maradagàl, edita da Marco Saya e diretta da Sara Calderoni, esce con il titolo Giovani e vecchi. La guerra dei mondi.
La contrapposizione delle diverse generazioni esiste dagli albori della civiltà, il baratro che divide le età ha motivazioni fisiche, economiche, psicologiche che paiono ineliminabili. Per dirlo con tre versi del poeta Giovanni Giudici “Ma essere / Nell’attesa di vivere o in quella di finire / È una capitale differenza”.
Nell’editoriale Calderoni sottolinea lo smarrimento di una “giovinezza errante” (definizione coniata dal filosofo Alain Badiou), priva di confini certi, disorientata nel relazionarsi con il polo più anziano della società, attratto oggi da forme di giovanilismo che non sembrano avere come obiettivo fondamentale la trasmissione della saggezza, della conoscenza, dell’esperienza.
L’area critica della rivista (affidata agli interventi di Roberto Barbolini, Fabrizio Elefante, Giuseppe Lupo, Fabrizio Ottaviani, Antonino Bondi) si interroga su quanto sia realizzabile l’ipotesi di un dialogo intergenerazionale tra chi si dedica più agli spazi virtuali del Metaverso, al web e alle piattaforme streaming, e chi invece si affida ancora a un apparato mediatico tradizionale: televisione, giornali, conferenze. Se è vero che “i giovani pensano e agiscono sotto il segno dell’identità e della dinamica del collettivo, i vecchi sotto quello della differenza e di solitudini affacciate sul vuoto”. La barriera che divide i due gruppi è in primo luogo linguistica, dato che i primi si dichiarano fiduciosi nell’univocità di significato dei termini, mentre i secondi percepiscono maggiormente la contraddizione, la duplicità di concetti ed espressioni. Da una parte assistiamo all’abbandono acritico, dall’altra a un distacco scettico e più controllato. I Millennians utilizzano un gergo comune, ricco di abbreviazioni e anglicismi, mediato dall’utilizzo dei social, i Boomers rimangono ancorati a una comunicazione più tradizionale e nostalgica, e spesso i loro tentativi di modernizzazione risultano patetici: lo scarto semantico è tragicamente palese.
I due anni di pandemia, ancora non debellata, hanno acuito un sospetto e un rancore reciproco, poiché i ragazzi si sono sentiti limitati nei loro spostamenti e defraudati nella giusta aspirazione alla libertà, mentre gli anziani li hanno spesso ritenuti pericolosi veicoli di contagio.
Come ricostruire ponti, collegamenti, interconnessioni tra due mondi che sembrano allontanarsi sempre più velocemente? Enrico Fink e Silvia Tomasi affidano alla musica e all’arte il compito di coniugare la legittima ricerca del nuovo con il recupero e la reinvenzione dell’antico, scongiurando sia conformismi e retoriche passatiste, sia le rincorse eccitate al successo economico.
La sezione dedicata alle scritture propone due stimolanti racconti di Edgardo Franzosini e Guido Conti, i ricordi inanellati di Piero Lotito, le poesie del moldavo Alexandru Vakulovski, le pagine inziali del poema di Franz Krauspenhaar, un ricordo di Bonaventura Tecchi tratteggiato da Domenico Calcaterra e un’interessante conversazione con il designer Armando Milani, che si sofferma nuovamente sul tema del non facile rapporto tra le generazioni, invitando i giovani a una curiosità più entusiasta e disinteressata nell’approcciarsi al lavoro artistico.
Questo numero del Maradagàl è illustrato dalle vivaci immagini di Coari, Francini, Gaeta, Lotito, Milani, Sottile, Chen Zhou.
© Riproduzione riservata «Gli Stati Generali», 23 novembre 2022
AAVV, IL SOLE È IL PADRE DI MIO PADRE – MONDADORI, MILANO 1999
102 canti Cheyenne e Apache raccolti in un volume mondadoriano del 1999 nella collana economica I Miti (ancora rintracciabile in libreria o online), intitolato “Il sole è il padre di mio padre”, da un verso citato nella raccolta.
Nessuna introduzione o postfazione: un semplice elenco di preghiere, canti di battaglia, danze ritmate, inni agli elementi naturali, congedi e celebrazioni funerarie. Come commentare questi testi, dunque, se non riportando i più espressivi e originali per ogni argomento trattato?
“Canto del guerriero ferito: Di certo mi fa molta più paura / del campo di battaglia, / il dente dondolante / della vecchiaia. // Io sono pronto a morire.
Canto di vittoria: Venite, / ascoltate, / esultate, / lupi della foresta! / C’è un bel festino / pronto per voi; / presto, / adunatevi all’alba!
Viaggio del defunto: “Ecco, lo spirito è partito / sul sentiero dell’ombra, / Quando raggiungerà l’arcobaleno / la terra canterà. / Ecco, è partito / con l’acqua del mattino.
Inno al sole: Il sole è il padre di mio padre. / Egli mi ha dato tutte le canzoni, / egli mi ha dato gli strumenti sacri, / egli mi ha dato la casa dove vivo / che dolcemente dondola / al soffio del vento notturno. / Egli mi ha dato / tutto ciò che possiedo sulla terra.
Dichiarazione senza parole: Un giovane in partenza per la guerra / mi ha fermato quest’oggi per la strada, / mi ha messo le mani nelle sue, / e quando se ne è andato vi ho trovato / un braccialetto giallo.
Canto del bufalo: Mio avo è il bufalo / che allegro si rotola nel fango, / che sbuffa rumorosamente, / che solleva zolle di terra / con zoccoli possenti, / che porta la pioggia. / Attraverso di lui io sono sacro.
Trasformazione: Oggi mi sento un corvo / che vola contro alle nubi scure, / e canta, / e il cielo nero / fa risuonare del suo canto. / Caw, caw, caw, ecco il mio canto. / Io oggi sono un corvo.
Passaggio: Un giorno nostro nonno, / la schiena carica d’anni, / si è allontanato / nel fitto del bosco, / si è trasformato in un alce / ed è sparito tra i boschi”.
Potremmo quindi notare l’esaltazione della forza fisica, il coraggio guerresco, l’odio verso i nemici; ma anche l’affetto per tutti i membri della famiglia, il rispetto per gli antenati, il rimpianto dei defunti, la nostalgia della casa lontana. E inoltre il fiducioso abbandono alle divinità, il senso di compenetrazione con il mondo animale e vegetale, l’idea di uno spirito vitale che sopravvive al corpo ed è in grado di trasformarsi in altri elementi naturali, la fiducia nella potenza degli esorcismi e dei rituali.
Gli Cheyenne sono una popolazione di nativi americani dell’area delle Grandi Pianure, situate nell’America Settentrionale. Oggi la loro popolazione, ridotta a 6.500 individui, si trova negli Stati dell’Oklahoma e del Montana. Gli Apache provengono invece dall’area sud occidentale dell’America Settentrionale: attualmente il loro numero si aggira intorno alle 50.000 unità.
© Riproduzione riservata www.sololibri.net/Il-sole-e-il-padre-di-mio-padre.html 3 dicembre 2017