BLAISE CENDRARS, RESURREZIONI A NEW YORK – IGNAZIO PAPPALARDO, ROMA 2025

L’editore Ignazio Pappalardo pubblica il poemetto di Blaise Cendrars Resurrezioni a New York, con testo francese a fronte e prefazione del Cardinale Gianfranco Ravasi. Tradotto per la prima volta in italiano nell’elegante versione di Ottavia Pojaghi Bettoni, e arricchito dalle otto storiche tavole originali del pioniere del Graphic Novel Frans Masereel, il testo racconta un Venerdì Santo vissuto dal poeta francese nei quartieri della Grande Mela, tra vagabondi e ladruncoli, suonatori ambulanti e prostitute, personaggi tormentati dall’ansia di una ricerca interiore, oppure disperatamente rassegnati a una deriva.

Cendrars – nato a La Chaux-de-Fonds nel 1887 e morto a Parigi nel 1961 dopo una vita errabonda e avventurosa votata all’arte e ai viaggi – fu narratore, poeta, giornalista, combattente nella Prima Guerra Mondiale dove perse una mano, reclutato poi come reporter nella Legione Straniera. Aderì fin dagli inizî ai movimenti di avanguardia letteraria, con un’attenzione particolare al disagio sociale e all’insubordinazione politica.

Les Pâques à New York uscì una prima volta in rivista nel 1912, ed ebbe in seguito diverse riedizioni in Francia: il poeta lo aveva dedicato alla giovane Agnès (nome allusivamente riferito all’agnus pasquale) che aveva conosciuto a Neuchâtel, cui dedicò anche altri scritti, rimanendone a lungo innamorato, nonostante fosse divenuta moglie di suo fratello Georges. Il poemetto, scandito in distici, con dominanza del verso lungo alessandrino e l’uso frequente di rime e assonanze, fece conoscere e apprezzare il giovane artista svizzero nel vivace ambiente letterario parigino del primo ’900, mettendone in luce la sensibilità venata di inquietudine, intellettuale e religiosa, e il senso di inappartenenza rispetto alle convenzioni collettive.

Blaise Cendrars, pseudonimo di Frédéric Louis Sauser, si era imbarcato per New York nel novembre del 1911, e vi si era soffermato fino all’estate successiva, vivendo in squallide stanze di alberghi, peregrinando per le strade della metropoli, affamato e privo di amicizie. Leggenda vuole che il Venerdì Santo abbia ascoltato La Création di Haydn in una chiesa presbiteriana, e tornato nella sua stanza, abbia iniziato a comporre di getto Les Pâques, revisionato successivamente al rientro in patria. Il testo si apre con la riflessione sofferta degli episodi della Passione, riletti in un “vecchio libro”, e si rivolge direttamente a Cristo: “Non ho mai pregato quando ero un bambino, // Eppure stasera penso a Voi con timore”. Da laico, da miscredente, il poeta avverte la presenza divina dietro la porta della sua camera, e ne rimane turbato: “Siete Voi, è Dio, sono io, – è l’Eterno”.

Per incontrare Cristo crocefisso, deriso e insanguinato, scende nei bassifondi della città, “La schiena inarcata, il cuore increspato, lo spirito febbrile”. Ripercorre col pensiero le chiese e i conventi visitati in Europa, i quadri e gli affreschi religiosi che più l’hanno coinvolto emotivamente, e chiede a Dio di essere sollevato dall’angoscia, come fece Gesù nel Getsemani: “Fate, Signore, che il mio viso appoggiato tra le mie mani / Lasci cadere la maschera d’angoscia che mi attanaglia. // Sono triste e ammalato; forse a causa Vostra, / Forse a causa di un altro. Forse a causa Vostra”.

La sua infelicità rispecchia quella dei poveri che affollano i marciapiedi di New York, gli immigrati sulle banchine del porto, la folla “parcheggiata, stipata, come bestiame, negli ospizi”, i “popoli addolorati”, tra cui i fuggitivi ebrei che brulicano nei ghetti, le prostitute che “inzuppano il loro vizio indurito” nel rhum, i musicisti di strada, i cinesi nei bar dai gradini lerci. Per tutti loro –vagabondi, ladri, ubriaconi – Cendrars implora la pietà e il soccorso del Signore, ma senza celare la sua indignazione verso gli sfruttatori contemporanei: “Coloro che scacciaste dal tempio con la Vostra frusta, / Flagellano i passanti con una manciata di misfatti. // … Signore, la Banca illuminata è come una cassaforte, / Dove si è coagulato il Sangue della Vostra morte”.

Nella metropoli emblema di modernità e ricchezza mondiale, nessuno ricorda la Pasqua di Resurrezione: non suonano le campane, dai portoni delle chiese non escono canti e preghiere, le ombre si fanno minacciose. Allo spuntare dell’alba, il poeta torna immalinconito e stanco nella stanza d’albergo “nuda come un sepolcro”, mentre “Una folla sudata per la febbre dell’oro / Si spinge e si precipita in lunghe gallerie. / / Torbido, nel groviglio ovattato dei tetti, / Il sole, è il Vostro Volto sporco di sputi”. La sua amarezza esplode in una sferzante denuncia: “Signore, niente è cambiato da quando non siete più Re. / Il Male si è fatto una stampella della Vostra Croce”.
Nella prefazione, il Cardinale Ravasi sottolinea come la Pasqua dei giorni nostri abbia perso ancora più significato di quella descritta da Blaise Cendrars, ridotta a riti superficiali nelle famiglie, o ad altri pretesti per viaggi di puro stordimento ed evasione.

Un plauso sincero va attribuito alla giovane casa editrice Ignazio Pappalardo, che è riuscita, con questo e con i precedenti volumi pubblicati, a confezionare un prodotto raffinato e curatissimo, ricco di note e approfondimenti, completato da icastiche illustrazioni a colori e dal testo in lingua a fronte.

 

© Riproduzione riservata        «SoloLibri», 21 febbraio 2025