FRANCESCO FORLANI, PARIGI, SENZA PASSARE DAL VIA – LATERZA, BARI 2013

«I miei erano molto preoccupati, in quel 21 giugno del ’91, perché non avevo un lavoro, non parlavo la lingua e non eravamo ricchi di famiglia. Io mi ricordo soltanto che ero partito con la valigia da mimo, di cartone puro, che scendendo dal treno si era rotta, aperta in due, come se quei milleduecentonovantuno chilometri se li fosse fatti tutti da sola».

Non è l’amarcord di un tradizionale emigrato che dal nostro sud abbia cercato lavoro e successo all’estero, ma la rievocazione antiretorica che Francesco Forlani fa della sua partenza da Caserta, dopo la laurea in filosofia, per raggiungere Parigi: città-mito in cui ha cercato riparo e consolazione, soprattutto intellettuale, al sorgere del ventennio berlusconiano, e dove saltuariamente risiede tuttora. I trentatré capitoli in cui si suddivide questo vivacissimo e coinvolgente romanzo sono scanditi logisticamente secondo i suoi spostamenti (abitativi-lavorativi-trasgressivi-esistenziali) nei vari arrondissements della metropoli francese. Quindi dalla sua abitazione in un sottotetto «pittoresco e basso» (con travi a vista, cesso che si ottura in continuazione, invasione di blatte e una seducente vicina tentatrice), condivisa con l’amico scrittore Massimo Rizzante, il giovane e vulcanico Francesco si muove inquieto e perennemente affamato – di cibo, letture, sesso, amori, incontri – nei vari quartieri parigini, circondato da un universo cosmopolita di personaggi dalle occupazioni più varie: librai, cuochi, poeti, jazzisti, grafici, manovali. Sulle orme di altri celeberrimi stranieri che avevano fatto della città la loro patria (Cioran, Hemingway, Cvetaeva, Modigliani, Henry Miller, Anaïs Nin…), questa banda squattrinata insegue il sogno di fondare una rivista letteraria,  La bête étrangère, e il miraggio di un riconoscimento non solo culturale, ma vivaddio magari anche economico. Tra lezioni private di italiano, performances teatrali, occupazioni saltuarie e spesso umilianti, i protagonisti del libro trascorrono il loro tempo in avventure varie, pigiati nei metrò o sfidati da estremisti di destra a colpi di forchetta in un ristorante, in lavanderie a gettone o in musei e biblioteche, negli uffici finanziari dell’Unesco o al cimitero di Père-Lachaise, sui boulevards o nei parchi lussureggianti del centro. In una Parigi in cui però scoppiano anche le bombe, e si viene costretti a passare la notte in un commissariato per schiamazzi, o ancora si accompagna una ragazzina italiana in ospedale perché si sottoponga a una inutile e crudele terapia di chemio. Cementati da un’amicizia solidale e incrollabile, da un’utopistica fede nell’arte e nella letteratura come panacea dalla fatica di vivere, i personaggi di Forlani abitano questo «immaginario Monopoli parigino»» senza passare dal via, ma anche senza arrivare mai a una meta definitiva. E se i genitori dell’autore lo raggiungono, intimoriti e orgogliosi, nella metropoli trovandolo «sciupato», ecco che torna la tentazione ricorrente di un rientro alla base, di una sistemazione più tranquilla e appagante (tentazione a cui cede l’amico più caro, Massimo, lasciando Francesco nel baratro di una sconsolata solitudine). Ma è più giusto e poetico resistere, rimanere attaccati a un desiderio di libertà e sradicamento da confortanti abitudini borghesi: «Chiunque cerca chiunque e, quando l’ha trovato, il vento lo riporta dovunque», creando dalla propria esperienza una suggestiva e scoppiettante mappa letteraria, ad uso e consumo di lettori curiosi e non conformisti.

 

«incroci on line», 14 maggio 2015