ANTONIO INFANTINO, I DENTI CARIATI E LA PATRIA E ALTRE POESIE
ERETICA, BUCCINO 2024
Nel 1967 Feltrinelli pubblicò un libretto di Antonio Infantino, che ora viene ripreso dalle edizioni Eretica con la stessa storica introduzione di Fernanda Pivano, e con il titolo leggermente modificato in I denti cariati e la patria e altre poesie. Questo libro venne all’epoca considerato uno dei primi esempi italiani di poesia beat, e come tale l’autore fu invitato a tenere delle letture insieme ad Allen Ginsberg.
Infantino (Sabaudia 1944.Firenze 2018), architetto, pittore, docente universitario, musicista, poeta, è stato tra i maggiori esponenti della musica etnica meridionale. Artista poliedrico e originalissimo, nel 1975 aveva fondato i “Tarantolati di Tricarico”, reinventando il repertorio tradizionale della Basilicata, coniugando il folklore a messaggi di impegno sociale e politico, basati su ritmi ossessivi suonati con strumenti poveri in uso nella storia locale. A questa esperienza dirompente affiancò altre espressioni artistiche, come la creazione di colonne sonore, la collaborazione con musicisti jazz e classici d’avanguardia, performance teatrali di poesia visiva, esibizioni dal vivo sia in cabaret sia al Premio Tenco a Sanremo e partecipazioni a manifestazioni artistiche internazionali.
Fernanda Pivano, nel presentare il libro di Infantino dal titolo così provocatorio e irriverente, lo definiva “una critica alla civiltà del consumo” ottenuta accostando, con il metodo della composizione “a catena aperta”, temi di vita quotidiana con simboli più criptici e allusivi ad ambienti elitari, ma sarcasticamente contestabili. L’autore veniva da lei riconosciuto come “un personaggio che incarna in senso letterale alcune tra le cose migliori della cultura e dello spettacolo di questi ultimi quarant’anni”. Sfogliando le pagine de I denti cariati e la patria, ci troviamo immersi in un’atmosfera di impianto letterario e artistico sperimentale, che accompagna ai testi fotografie, disegni e bozzetti improntati sempre all’irrisione o al desiderio di sfrontata ilarità.
Gli scritti alternano pagine di diario a descrizioni di sogni e ricordi infantili, fino a esperimenti di composizione automatica, attuati attraverso l’uso di calembour e battute canzonatorie, spaziature irregolari e riproduzioni (in corsivo, in tondo e in stampatello, in grassetto e in dimensioni alterate) di segni alfabetici e numerici. Tale tecnica di composizione-scomposizione grafica, ereditata dai movimenti del primo Novecento del Futurismo e del Dadà, aveva in Infantino senz’altro una finalità ludica, coniugata però a un’esigenza di denuncia delle ingiustizie sociali passate e contemporanee nei riguardi delle classi subalterne.
Dal punto di vista contenutistico, l’autore tendeva a produrre nel lettore un effetto di straniamento giustapponendo concetti diversi: dalla ripetizione ribadita e impositiva di slogan (DEVE ESSERE COSÍ; VENERATE I PADRI DELLA PATRIA; Chissà perché; ma cosa fai ??!! ma dove vai ??!!; Morso dalla Tarantola), alla parodia di testi sacri (il discorso evangelico delle Beatitudini, il francescano Cantico delle creature) o letterari (Shakespeare, Foscolo, Leopardi, Manzoni), e alla contraffazione pungente di slogan pubblicitari coevi.
Frequente nei vari testi è la chiamata in causa dei lettori a esprimere un giudizio (“io chiedo a voi / se / credete che / c’è la libertà // io chiedo a voi se credete che la minigonna / è una rivoluzione sociale / oppure no”; NON SEI CHE UN NUMERO / anonimo cittadino del ventesimo secolo / PSICANTROPO / come va la vita”). Il perseguimento di un divertimento funambolico è poi evidente nell’utilizzo canzonatorio di onomatopee e palilalie: “ta tatatintan tatita // siccome sono innamorato ho bisogno di un gran / gelato ed anche nel caffè ho messo il sale /// tataita tataita tataita tataita”; “titinc titanc tichitichitanc / che c’è nei denti cariati che non ti va / tutto va // ah sì”.
La quarta di copertina riporta un lusinghiero giudizio di Vinicio Capossela, che fu amico e sodale di Infantino in molte collaborazioni, definendolo “Un filosofo, un profeta, uno sciamano e soprattutto uno che insegnava il modo di unire le cose. Quando c’erano i suoi concerti, lui era il tramite, il tramite per far accadere delle cose. Attraverso di lui la gente si univa e sprigionava delle energie. Era un tramite per far circolare le energie”.
© Riproduzione riservata «SoloLibri», 25 febbraio 2025