LIONELLO INGLESE, IN UN RAPIDO CAMBIO DELLA GUARDIA
GIULIANO LADOLFI, BORGOMANERO 2012
Le sette sezioni che compongono questo libro di versi di Lionello Inglese sono introdotte da un Prologo sulla corda in cui l’ autore metaforizza se stesso entro un funambolo in bicicletta sulla corda tesa nel circo, che in equilibrio precario ma audace sfonda il telone a strisce, perdendosi nella notte stellata. E nell’epilogo conclusivo, il poeta traccia una puntuale Apologia esplicativa per definire esaustivamente i confini del suo lavoro, lasciando poco spazio interpretativo ad eventuali altre letture critiche: «Un universo popolato da animali, bambini assorti nei giochi, ombre di “auctores” che si affacciano direttamente nel testo poetico o compaiono in epigrafe», e descrive la sua scrittura immersa in una sospensione metafisica animata da «creature marginali». In effetti il tono della raccolta appare al lettore vibrare in un’ atmosfera rarefatta, oscillante tra sogno e realtà, visione e decodificazione razionale: in cui i due mondi opposti sono contrassegnati anche graficamente da caratteri diversi, che ne sottolineano addirittura le differenze cronologiche di composizione. La vita descritta appartiene talvolta a ambienti bucolici brulicanti di innocue presenze animali ormai desuete nelle descrizioni letterarie contemporanee (lucertole, api, rospi, gechi, colombi, zanzare o esopiche volpi sorridenti), e verdi di ortiche, gelsomini, salvia, maggiorana, ginestre e alghe. La natura sembra perciò favolosamente animata e magica, e in essa i bambini inventano avventurosi giochi, nascondendosi in immaginarie isole del tesoro, mentre la vegetazione si trasforma miracolosamente e tacitamente: «un mattino a rovescio, / ritornano ai rami / le foglie cadute sui prati». Persino le figure femminili appaiono fugaci, silenziose e forse stregate: «dischiuso / al passare veloce di un tuo sorriso / gusto di miele scuro», «Ti scelsi perché tanti / non colsero la tua / rara difficoltà». Professore di lettere antiche in un liceo romano, studioso e traduttore di classici latini e greci, Lionello Inglese ha nutrito la sua scrittura di una serena e composta musicalità (frequenti sono gli aggettivi che indicano una consapevole, matura e quasi epicurea disposizione d’animo: tranquillo, lieve, placido, quieto…), lontana da qualsiasi eccesso di passione o tormento, da qualsiasi turbata partecipazione alle vicende della cronaca, della politica, o della storia contemporanea. Anche lo stile è pregno di tutta la tradizione novecentesca, assolutamente privo di tentazioni sperimentali o trasgressive: i versi che fanno da epigrafe alle varie sezioni sono tratti da Sereni, Saba, Penna, Caproni, Montale. Colpisce anche un particolare e ammirato omaggio a Rodari: «quando ti scocca / il verso è una luna / che riempie di colore il tuo cappotto grigio». E in questa esibita e orgogliosa fedeltà al passato, controllata assenza di originalità, le parti più deboli del volume risultano essere proprio le dediche affettuose e private agli amici (che talvolta rasentano la retorica: «bontà e mano ferma,/ coraggio e virile/ passione»), o le «Strette memorie» personali e gli «amarognoli» epitaffi ad altri poeti. Così la generosissima prefazione di Luca Canali sottolinea l’immersione della poesia di Lionello Inglese nel solco più collaudato della nostra letteratura («Una vera ‘storia’ dell’intera cultura poetica dell’ultimo secolo»), che partendo da Leopardi, attraverso Carducci e Pascoli, arriva a Sinisgalli, ma rifacendosi addirittura a Alceo, Saffo, Virgilio per approdare a Laforgue, Valéry e Apollinaire. Quasi incoraggiando ironicamente l’autore di questi versi a scoprire una voce più decisamente sua, e coraggiosamente innovativa.
«incroci on line», 27 ottobre 2015