SERGE LATOUCHE, BAUDRILLARD O LA SOVVERSIONE ATTRAVERSO L’IRONIA – JACA BOOK, MILANO 2016
“I precursori della decrescita” è una pungolante collana del catalogo Jaca Book, che porta significativamente come sottotitolo “Pensieri che vengono da lontano per un mondo sostenibile”. La dirige il filosofo ed economista francese Serge Latouche (1940), ideatore e promulgatore del concetto di decrescita, che contesta l’ideologia produttivistica delle nostre società, ritenendo che lo sviluppo sconsiderato e infinito della produzione e del consumo di oggetti materiali non sia sostenibile né compatibile con la sopravvivenza in un mondo finito quale è quello in cui viviamo. Gli intellettuali che si rifanno a tale teoria propongono una “società dell’abbondanza frugale”, in cui le persone godano tutte di un’esistenza migliore, consumando di meno e con un’attenzione più consapevole all’ambiente circostante.
Il volume di cui ci occupiamo si intitola Baudrillard o la sovversione attraverso l’ironia, e in esso Latouche ipotizza una riscoperta e una rilettura di Jean Baudrillard (1929-2007) appunto come precursore della decrescita. Baudrillard, «autore inclassificabile», affermava che si possono avere molte idee, ma un solo pensiero. Il suo pensiero coerente e quasi ossessivo riguardava la critica della società dei consumi e di tutti i suoi simulacri, per cui «il desiderio umano si riduce a invidia di cose»: il feticismo per la merce, l’onnipresenza manipolatoria della macchina pubblicitaria, l’artificiosa società dello spettacolo, la globalizzazione che annulla ogni differenza culturale tra i popoli. Secondo Baudrillard i miti della spesa, del godimento immediato, dell’accumulo di prodotti inutili hanno sostituito i temi del risparmio, del lavoro, della costruzione di un patrimonio: il superfluo precede il necessario, la carta di credito illude di poter acquistare tutto ad libitum. I bisogni sono indotti artificialmente, e ormai si compera quello che non serve con il miraggio di conquistare la felicità, per obbedire ai dettami della moda o del salutismo. La critica pungente di Baudrillard sembra quindi dover considerare a diritto il suo autore tra i precursori della decrescita, ma Serge Latouche esprime alcuni dubbi sulla reale adesione di lui all’utopia dell’abbondanza frugale. Indifferente all’ecologismo, sarcastico e provocatorio fino a sfiorare il nichilismo, scettico su ogni impegno politico, Baudrillard non propone nessun progetto alternativo che aiuti la società a rifondarsi: disilluso e derisorio, rinunciatario e pessimista, dichiara beffardamente l’impotenza velleitaria di chi si dà da fare per salvare il mondo, che secondo lui è ormai condannato a una fine ingloriosa, sommerso da rifiuti materiali e ideologici. Nella seconda parte del volume il fastidio di Latouche nei riguardi del collega più anziano diventa esplicito e quasi astioso: Baudrillard viene definito cinico e manicheo, impertinente e anaffettivo, sofisticamente paradossale nella sua passione per l’ironia giocosa del linguaggio, incapace di proposte costruttive quando si spinge addirittura a negare la consistenza del reale, affermando che il mondo è un’illusione, una simulazione: «Certo, la sua critica del sistema colpisce nel segno, ma le conclusioni che ne trae sono talmente radicali da neutralizzare qualsiasi azione».
Due importanti figure intellettuali a confronto, Latouche e Baudrillard, il primo pragmatico e utopista, il secondo disincantato e parossistico: entrambi vigorosi nel pungolare il letargo filosofico che assopisce e disarma il pensiero contemporaneo occidentale.
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8 novembre 2017