BRUNO MORONCINI, MONDO E SENSO – CRONOPIO, NAPOLI 1998
Questo piccolo libro del filosofo Bruno Moroncini, pubblicato nel 1998 ma ancora acquistabile online, è dedicato alle parole e ai silenzi di due grandi figure del pensiero e della poesia novecentesca: Heidegger e Celan, accomunati non solo dall’uso della lingua tedesca, ma soprattutto dalla presenza testimoniale alla tragedia del nazismo e dell’olocausto.
Viviamo in un mondo e in un’epoca storica in cui (come citato dall’esergo di Elie Wiesel) «tacere è proibito, parlare è impossibile»»: tacere e parlare, cioè, del senso e del non senso della nostra esistenza.
«La mondializzazione, la formazione del mercato mondiale e la globalizzazione dell’economia, che vanno di pari passo con l’unificazione mediatica e digitalizzata del mondo, comportano esattamente la scomparsa del mondo e del senso, la scomparsa del senso del mondo e del mondo del senso».
Un mondo che ingloba tutto, che non ha più un fuori cui rapportarsi, vive in una sorta di regime del senso, di perdita di significazione, in una chiusura conservativa che esclude rischio e libertà, in cui l’azione stessa «finisce per fabbricare cenere».
Heidegger (riletto qui anche attraverso Nancy, Arendt e Lacan) non è ancora stato riabilitato moralmente a causa della sua adesione al nazismo e del suo silenzio sui campi di sterminio: davanti al non-senso della follia hitleriana, il filosofo che pure aveva saputo coniugare nei suoi testi teorici la dignità umana con l’assoluta libertà, regredisce a una complicità effettiva con l’orrore, con il potere e la tutela di un senso “insensato”, optando per una distaccata apatia.
Diversamente da lui, Celan sceglie di parlare, pur consapevole che i suoi versi «devono dismettere il senso per farsi puri significanti del nulla di senso, della sparizione del mondo».
«Parla anche tu, / parla per ultimo, / dì la tua sentenza. / Parla – / Ma non dividere il sì dal no. / Dà alla tua sentenza anche il senso; / dalle l’ombra». La parola poetica «apre un mondo, instaura un abitare…è creatrice, inumana, altra, terribile»: nella sua luce deve tenere conto dell’oscurità, senza la quale nulla risulterebbe. Celan scrive poesie dopo Auschwitz, contravvenendo all’interrogativo adorniano. Ma le scrive inabissandosi nell’oscurità, nell’indicibilità, nel quasi mutismo dell’angoscia.
Bruno Moroncini rilegge il poeta romeno con un’adesione empatica e riconoscente, sulle orme di altri due grandi interpreti celaniani, Szondi e Blanchot: perché al di là dello strazio, della morte, dell’incenerimento, Celan tenta comunque di recuperare un rapporto con l’Altro, con l’Oltre: «Scese, scese / scese una parola, scese / scese attraverso la notte, / volle risplendere, volle risplendere», «Nessuno ci impasta più di terra e argilla, / nessuno alita sulla nostra polvere. / Nessuno. / Lodato sii tu, Nessuno. / Per amor tuo vogliamo / fiorire. / Incontro / a te. / Un niente eravamo, siamo, rimar / remo, fiorendo: / la rosa di Niente, di Nessuno».
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www.sololibri.net/Mondo-e-senso-Bruno-Moroncini.html 12 gennaio 2016