JEAN-LUC NANCY, COSA RESTA DELLA GRATUITÀ? – MIMESIS, MILANO 2018

Nella sua appassionata introduzione, la filosofa Francesca Nodari, (direttore scientifico della rassegna Filosofi lungo l’Oglio e del festival Fare Memoria), si chiede se sia possibile investigare il concetto di gratuità al di fuori della sfera esclusivamente economicistica, in un’epoca come quella odierna dominata dal consumismo e dall’individualismo. Lo fa commentando un breve ma densissimo saggio di Jean-Luc Nancy (1940), voce prestigiosa dell’intellettualità internazionale, che ha a lungo indagato le problematiche politico-sociali e la funzione della corporalità nelle dinamiche intersoggettive e comunitarie della società moderna. La riflessione di Nancy si intreccia con quella espressa negli anni ’50 da Marcel Mauss nella sua fondamentale ricerca Saggio sul dono, e con le più recenti di Derrida in Donare il tempo, e di altri francesi come Blanchot e Levinas, tutte in qualche modo riferibili alle tesi heideggeriane sull’essere dell’uomo all’interno della comunità, per cui il donare è da considerarsi un’azione di rilievo non solo personale ma soprattutto sociale.

“Cosa resta della gratuità?”, allora, nella società contemporanea dello scambio, in cui ogni individuo è inserito in rapporti di corrispondenza vicendevole con gli altri? Nancy sottolinea «È certo che nessuna forma di scambio può essere gratuita. Le due nozioni si escludono. Lo scambio implica una reciprocità». Se auguriamo “Buongiorno” incontrando qualcuno, ci aspettiamo di essere salutati allo stesso modo; usando il denaro («così desiderabile e così detestabile») ci attendiamo un profitto, sia in un acquisto sia in un investimento. La gratuità, quindi, per l’homo oeconomicus non ha senso: a un dono corrisponde un controdono, e forse solo nella natura esiste un dono senza ritorno (George Bataille diceva che «il sole dà senza mai ricevere»). Anche la generosità più disinteressata attende un beneficio perlomeno simbolico, cioè di essere ricambiata in termini di potere, distinzione, riuscita, identità: in termini di «riconoscimento del debito». Debito che non va circoscritto alla sola sfera finanziaria, ma presuppone comunque il rapporto che intercorre con l’altro in ogni campo dell’esistenza, compreso quello sessuale: un rapporto che è sempre di ostilità o accettazione, di rifiuto o desiderio.

Il do ut des degli antichi rimane pertanto basilare, perché credito e debito creano in primo luogo un legame, un vincolo tra «animali parlanti». Secondo Nancy «noi siamo» nel momento in cui «siamo-con», «co-esistiamo», pretendendo di essere riconosciuti dagli altri, non solo nei termini dell’avere (dell’appropriazione o dello sfruttamento) ma soprattutto in quelli dell’essere. Nessun gesto, in tale prospettiva, può quindi definirsi gratuito: tuttalpiù “grazioso”, nel senso etimologico latino (gratis da gradito, gradevole): «Noi lo diciamo di un gesto elegante, di un fascino, di una vena eroica così come di una tensione trascendente o sublime, di un perdono senza fondamento…». Che, in quanto donato, crea un debito, il quale può essere saldato o non onorato, ammesso o rifiutato, e necessariamente spalanca un baratro tra chi dà e chi riceve, tra chi desidera essere riconosciuto e chi riconosce (o no): «Anche ciò fa parte della strana grazia che ci è fatta di esistere», conclude Jean-Luc Nancy, e di esistere-con.

© Riproduzione riservata      https://www.sololibri.net/Cosa-resta-della-gratuita-Nancy.html                22 aprile 2018