FRIEDRICH NIETZSCHE, POESIE – FELTRINELLI, MILANO 2019
Le poesie di Friedrich Nietzsche (Röcken, 1844-Weimar, 1900) pubblicate da Feltrinelli in edizione economica nel 2019, con l’approfondito commento della curatrice Susanna Mati, sono presentate in ordine cronologico di composizione, seguendo l’edizione critica di Colli-Montanari del 1967.
Straordinario filosofo che ha rivoluzionato il pensiero politico e morale del secolo scorso, raffinato e originale scrittore, Nietzsche non fu tuttavia un grande poeta: ma ai versi affidò per l’intera esistenza il compito di accompagnare, spesso ironicamente, la propria produzione teorica. Dopo le poesie dell’adolescenza, convenzionali e imitative dei modelli classici tedeschi (ripudiate nella maturità perché giustamente ritenute pateticamente devozionali), il giovane Friedrich si dedicò con spirito più genuino all’aforisma pungente, alla sentenziosità moralistica, per approdare verso i trent’anni a un compiaciuto autobiografismo, attraverso cui amava ritrarre se stesso come der Thor (lo stolto), il pensatore folle, il buffone. In Tra amici sembra insieme sia sbeffeggiare il conformismo di chi lo circonda, sia gloriarsi di una sua maschera provocatoria e sardonica:
“Se ho fatto bene, allora taciamone; / se ho fatto male –, allora ridiamone / e facciamo sempre peggio, fare peggio, rider peggio, / finché nella fossa scenderemo. // Amici! Sì! Così deve andare? / Amen! E arrivederci! //… Onorate in me l’arte dei giullari! / Imparate da questo libro giullaresco / Come la ragione è ricondotta – ‘alla ragione!’”. Dove il libro giullaresco è Umano, troppo umano, del 1878, che riporta questa composizione a conclusione della prima parte.
La prima raccolta autonoma di versi nietzschiani fu Gli Idilli di Messina (1882), i cui modelli formali erano non solo Goethe e Heine, ma soprattutto gli scrittori romantici più popolari, come Brentano e Mörike. Prevalgono, in questa prova d’esordio, bozzetti di figure femminili o fiabesche, immagini campestri, notturni elegiaci, spiritose descrizioni di volatili: temi ricorrenti nei Volkslieder in voga tra le classi più umili.
Al preludio del La Gaia Scienza (1882) appartengono poi un gruppo di rime, intitolate Scherzo, malizia e vendetta, di cui l’amica Lou Andreas-Salomé scrisse: “Su tutti i versi incombe qualcosa che commuove in modo singolare; sono infatti fiori che un solitario sparge sulla propria via crucis per suscitare l’impressione che sia una via della gioia”. Eccone alcuni esempi, da cui si evince l’intento violentemente polemico e derisorio, oltreché autocelebrativo: “Da quando fui stanco di cercare, / imparai a trovare. / Da quando un vento mi fu avverso, navigo con tutti i venti”, “Estraneo al popolo eppure utile ad esso, / seguo la via, ora al sole, ora alle nubi – / e sempre al di sopra di questo popolo”, “Tagliente e mite, rozzo e raffinato, / fidato e singolare, sporco e puro, / un convegno di saggi e di giullari: tutto questo io sono e voglio essere, / colomba e insieme serpente e porco!” Sempre nell’Appendice a La Gaia Scienza si trova poi una delle più ispirate poesie di Nietzsche, scritta tra le amate montagne di Sils-Maria nel 1882, in cui si avvertono accenni alle opere teoretiche successive: “Qui sedevo, attendendo, attendendo, – nulla attendendo, / al di là del bene e del male, ora della luce / godendo, ora dell’ombra, tutto solo gioco, / tutto lago, tutto meriggio, tutto tempo senza meta. // E all’improvviso, amica! L’Uno divenne Due – / – Zarathustra mi passò vicino…”.
Due anni dopo, all’allieva e amante Lou dedicò la canzone da ballo Al Mistral, invito esaltato al superamento di ogni limitante mediocrità: “Chi non sa danzar coi venti, / chi si invischia in mille lacci, / incatenato, vecchio storto, / chi è come gli scemi ipocriti, / i balordi onorati, le oche virtuose, / vada fuori dal nostro paradiso! // Muliniamo la polvere delle strade / sotto i nasi di tutti i malati, / impauriamo la nidiata dei malati! / Liberiamo l’intera costa / dall’ansito dei petti rinsecchiti, / dagli occhi senza coraggio! // Cacciamo i perturba-cielo, / gli oscura-mondo e spingi-nubi, / rendiamo limpido il regno dei cieli! / Soffiamo… oh spirito di tutti gli spiriti / liberi, essere in due con te fa / soffiare la mia gioia come una tempesta – // … – Affinché eterna sia la memoria / di questa felicità, prendi il suo lascito, / prendi con te e solleva questa corona! / Lanciala in alto, più lontano, più oltre, / assalta la scala del cielo, / e appendila – alle stelle!”
Nei Frammenti postumi del 1884 apparivano temi che saranno tipici di molta letteratura novecentesca: quelli del viandante che vaga senza meta, dell’uomo senza patria orgoglioso di rispondere solo al proprio spirito indipendente, dell’inesistenza di Dio, della follia del poeta unico detentore della verità (“Il poeta, che può mentire / coscientemente, volontariamente, / lui solo può anche dire la verità”).
Così parlò Zarathustra (1883-1885) contiene molte poesie, riprese più volte prima e dopo la sua composizione: è però esso stesso un poema sinfonico, puntellato da liriche con metrica regolare, e sostenuto nella sua interezza da toni declamatori, oracolari. Particolarmente rappresentativa delle tematiche nietzschiane è senz’altro la complessa Il canto della melanconia, severo e compiaciuto autoritratto del filosofo: “Il pretendente della verità? Tu? – così ti beffavano – / No! Solo un poeta! / Una bestia, furba, rapace, strisciante, / che deve mentire, / che deve mentire con scienza e volontà: avido di preda, / mascherato con mille colori, / a se stesso maschera, / a se stesso preda – / questo – il pretendente della verità? / No! Solo giullare! Solo poeta! / Uno che parla con mille colori, / che grida con mille colori da maschere di giullare, / che s’inerpica pe ponti di parole menzognere, / per arcobaleni multicolori, / tra falsi cieli / e false terre, / che vaga in giro e si libra attorno, – / solo giullare! Solo poeta!”. Con sembianze di aquila e pantera, “predatore, strisciante, mentitore”, “bandito / da ogni verità”, Nietzsche offre di sé un’immagine di commediante e falsario, di mago che giostra con concetti e figure, maschera capace di creare solamente illusioni, esiliato dal mondo civile, come poeta e come filosofo.
Anche in Aldilà del bene e del male (1886) sono presenti dei versi: le misogine Sette sentenzine di femmina (“Giovane: una grotta fiorita. Vecchia: un drago ne esce fuori”), il malinconico Da alti monti, in cui si esprime tutta la tristezza di una vita solitaria, e altri aforismi dedicati all’amico-nemico di sempre, Richard Wagner.
Infine, i Ditirambi di Dioniso furono l’ultimo lavoro composto nel 1888, prima del crollo psicofisico che lo condusse all’ottenebramento totale. Parzialmente già pubblicate, nella sezione inedita mostrano i segni di una dissociazione mentale e di una perdita di controllo sul proprio materiale: si tratta di monologhi scritti in uno stile declamatorio, con costruzioni sintattiche oscure, con libere associazioni ritmiche che riprendono argomenti mitologici o misticheggianti.
Susanna Mati nella sua intensa postfazione afferma che le poesie di Friedrich Nietzsche, prive di reale validità artistica benché dotate di notevole arguzia, vanno collocate nel “territorio dell’affetto e dell’effetto”, essendo soprattutto sintomatiche dei moventi psicologici e teorici del filosofo. Svolgono tuttavia molteplici funzioni: di rilassamento della tensione intellettuale, di satira-parodia-imitazione, di caratterizzazione del personaggio Zarathustra, di sfogo emotivo. Lo stesso Nietzsche considerava la poesia arte menzognera e fraudolenta, attribuendole il compito secondario di distrarre, consolare, edificare, senza alcuna pretesa di profezia o rivelazione. I suoi versi vanno quindi letti a integrazione contingente e occasionale da affiancare alla ricerca delle verità ultime.
© Riproduzione riservata «Il Pickwick», 15 febbraio 2022