ANTONIO MARIA PECCHINI, QUI NEL CONTINUO DEI GIORNI – NOMOS, Busto Arsizio 2023
Nelle due sezioni in cui si suddivide il libro di Antonio Maria Pecchini (Del disamore e Nel continuo dei giorni), la seconda parte che dà il titolo al volume è la più rilevante, sia come consistenza di pagine sia per l’intensità del messaggio trasmesso.
Pecchini (Busto Arsizio 1947) – docente di arte, scultore e pittore – ha già pubblicato con Nomos altri due volumi di versi, con notevole successo di pubblico e di critica: Qui nel continuo dei giorni nasce da un percorso di riflessione e sofferenza personale, segnato da particolari situazioni di salute, che si intreccia con quello collettivo attraversato dalla società durante il Covid. L’autore si trova improvvisamente catapultato in una realtà inattesa e dolorosa, messo “fuori gioco” dalla malattia che “misura il vivere, modula tempi, / rallenta desideri, cancella sogni d’avventura”. Sconcerto dolore paura sono i sentimenti prevalenti di chi deve affrontare una situazione non prevista, come il ricovero in ospedale, un’operazione, cure impegnative, esercizi di riabilitazione, costretto nella solitudine e nel silenzio di una camera dalle pareti bianche, su cui la mente proietta ombre minacciose.
La consapevolezza della propria fragilità fisica, il pensiero della fine, il desiderio di prolungare la normalità di un quotidiano non abbastanza apprezzato in precedenza, induce a godere di ogni piccola ma preziosa gioia offerta dalla vita. Abbandonarsi al ritmo regolare e monotono del proprio respiro diventa àncora di salvezza, nell’assicurare la sopravvivenza: si affaccia la consapevolezza di una necessaria solidarietà con chi patisce un’uguale, angosciosa afflizione, soprattutto con gli anziani che si affidano alla memoria per ritrovare in sé il ricordo di giorni più felici. Il perseverare costante delle rime utilizzate nel volume esprime una rassicurante consolazione melodica nell’imperversare del male, con la sua prosaicità concreta, impersonale e severa.
La storia privata si confronta con quella collettiva, fatta di guerre e violenze, ingiustizie e sopraffazioni: negli stessi terribili mesi infuriano virus micidiali e bollettini bellici, a sottolineare la presenza incombente della morte nel mondo: “troppi sono i lutti / da dover conteggiare nei giorni, troppe / le reliquie da poter conservare nel tempo”. I termini cui si affida l’autore indicano una negatività subita con amarezza e impotenza (assedio- letargo- scacco- cul de sac- resa- smarrimento- balbettio), e gli esseri umani sono considerati “ostaggi”, “reduci”, “battuti”, pedine mosse sullo scacchiere internazionale da potenze sovrastanti nella loro indifferenza ai destini dei singoli.
Osservando i “segnali choc / dalla storia”, il dolore individuale si confronta con l’iniquità patita da tutte le vittime della “costante durezza / di un giogo, assegnato da tempo, / da prepotenti occidentali certezze”. Nel nostro minuto procedere giornaliero, “persi come siamo in guerre personali”, “abbiamo negato / domande attorno al senso del vivere, ricco / semplicemente del tepore d’un breve raggio di sole”, confusi e distratti in “un mondo disattento, / soltanto attento ai tanti bla, bla, bla”. Invece proprio “Qui nel continuo dei giorni” dovremmo riuscire a superare, con ritrovato ottimismo e con testarda speranza, il male sofferto da ciascuno e da tutti. La riflessione di Antonio Maria Pecchini diventa indicazione filosofica, appello alla positività, invito ad aprirsi coraggiosamente al futuro: “passerà, domani passerà / e ancora saremo tra noi / a benedire i giorni e insieme / a contemplare la bellezza del creato”.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net 14 gennaio 2024