VIRGINIA RAMEY MOLLENKOTT, DIO FEMMINILE – MESSAGGERO, PADOVA 1995
L’autrice è una teologa protestante americana molto nota per la sua competenza di biblista e per il suo impegnato femminismo. In questo libro, partendo dalla tesi, tanto dibattuta quanto ormai scontata, che l’origine del sessismo e della dominazione maschile si possano situare nel linguaggio, prodotto da un inconscio marchiato dalla cultura patriarcale, propone con forte vis polemica un’operazione difficile e senz’altro anticonformista, quale quella di «cambiare il linguaggio liturgico», adattando alle nostre espressioni religiose tradizionali il «linguaggio inclusivo».
Così viene definito in area anglosassone quel modo di esprimersi che non fa riferimento a un sesso specifico, o li include entrambi, con lo scopo di poter parlare di un ente supremo che trascenda da caratteristiche sessuali peculiari: non più God=Dio (termine che rimanda in modo marcato a un immaginario maschile), ma preferibilmente Divinità, Deità, Essere, Uno. O, ancora, l’uso di pronomi neutri (quali l’inglese “it”) e di particolari circonlocuzioni onde evitare la meccanica associazione a caratteri virili della divinità.
Virginia Mollenkott distrugge stereotipi per proporre una divinità tenera, materna, che dà vita e nutre; perché davvero Bibbia e Vangelo presentano frequentemente immagini femminili applicate a Dio: dio padre e madre, dio partoriente, dio che allatta e levatrice, dio donna di casa e dio simile a tanti animali al femminile (aquila, chioccia, orsa, pellicano femmina), dalla Genesi all’Apocalisse, passando soprattutto attraverso i profeti, ma non trascurando i Vangeli.
Molto toccanti sono le pagine sul pellicano femmina, che restituisce alla vita i piccoli trucidati dal padre spargendo su di loro il suo sangue, e assurgendo così a simbolo (fin dai bestiari medievali) del sacrificio di Cristo. Altrettanto coinvolgente risulta il capitolo sulla creazione della donna, definita in ebraico “Ezer”, aiuto, sostegno per l’uomo. Tale termine viene attribuito solo a due entità: a Dio e a Eva, entrambi chiamati a un servizio che deve essere reciproco tra uomo e donna, tra Creatore e creature.
Scrive la Mollenkott : «Sì, io credo che anche Dio debba servire gli uomini. La nomina di Adamo ed Eva da parte di Dio fu sicuramente un atto di sottomissione di Dio, un atto con cui Dio volutamente faceva un passo indietro e tracciava dei limiti al suo io, per divenire dipendente dalle sue creature».
E ancora Dio-aquila, che insegna agli aquilotti a volare e a essere autosufficienti, è un dio che sta cercando di creare esseri uguali, capaci di non sfruttarsi unilateralmente, ma semmai di scoprire una nuova vicendevole solidarietà. Le immagini bibliche di Dio l femminile costituiscono, secondo l’autrice, una specie di «resoconto minore», a fianco dell’immaginario maschile (spesso addirittura bellicoso, violento) predominante: eppure ad esse dovremo saper ricorrere se vogliamo favorire la crescita di una coscienza religiosa che sia fondata sull’uguaglianza e la reciprocità dei sessi.
In un breve excursus storico all’inizio del volume, La Mollenkott suggerisce l’ipotesi che le chiese occidentali (frequentate ormai quasi esclusivamente da fedeli donne) siano così disertate dagli uomini perché essi sarebbero «inconsciamente respinti dall’idea di essere chiamati a un’intimità con un Dio esclusivamente maschile». Ostacolo che nei secoli è stato superato dal clero maschile con un escamotage non solo linguistico: la Chiesa è diventata madre, l’anima del sacerdote sposa di Cristo.
Culturalmente, quindi, alle soglie del duemila, si impone di imparare a parlare di Dio in termini inclusivi sia per il maschile sia per il femminile: l’Essere perfetta/o nell’unità, della cui natura divina ogni creatura è chiamata a partecipare.
«Leggere Donna» n.57, luglio 1995