GIANFRANCO RAVASI, LA BIBBIA SECONDO BORGES – EDB, BOLOGNA 2017
In un volumetto pubblicato quest’anno dalle edizioni Dehoniane di Bologna, il Cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, introduce i lettori al confronto con alcuni temi narrativi e poetici di Jorge Luis Borges, forse meno noti della sua produzione comunemente definita fantastica: spunti di riflessione riguardanti la teologia ebraica e cristiana, che percorrono tutta la sua scrittura, affiorando come correnti carsiche dal fertile terreno della sua enciclopedica cultura. Borges si è a più riprese qualificato agnostico, quando non del tutto ateo (Leonardo Sciascia lo definì «il più grande teologo ateo del nostro tempo»), ma fu sempre molto interessato ai fenomeni religiosi, e coltivò rapporti durevoli con esponenti del clero cattolico. Tra di essi, conobbe personalmente Papa Francesco, che ‒ trentenne insegnante di lettere in un collegio di Santa Fe ‒, lo aveva invitato nel 1965 a tenere un corso residenziale di scrittura ai suoi allievi liceali. Tra i due Jorge correvano circa una quarantina d’anni di differenza, ma si stabilì un rapporto di stima e confidenza reciproca, che per quanto riguarda Francesco, si concretizzò poi in una conoscenza approfondita di tutte le opere del Maestro di Buenos Aires.
Ecco quindi che Gianfranco Ravasi delinea in La Bibbia secondo Borges «una mappa a maglie larghe e incomplete» del filone «religioso, spirituale e persino mistico» individuabile nell’opera di questo autore da lui massimamente apprezzato. Così descrive la personalità dello scrittore: «Una fisionomia segnata dalla mobilità di un ecclettismo nobile, erede della curiositas insonne della classicità latina». Agendo tra storia e mito, leggenda e cronaca, verità e finzione, Borges assorbiva dal reale un labirintico universo di fantasie mobili, ramificate e fluide; reinterpretando Matteo 7,24, infatti, così esortava: «Nulla si edifica sulla pietra, tutto sulla sabbia, ma dobbiamo edificare come se la sabbia fosse pietra».
Il suo avvicinamento alla Bibbia, determinato più da interesse culturale che dalla fede, fu incoraggiato dalla nonna, inglese e anglicana, che conosceva le Sacre Scritture a memoria. Attraverso le parole di lei cominciò ad apprezzare le narrazioni epiche del testo biblico, le parabole e le massime sapienziali, i personaggi dal tragico e umanissimo spessore (da Caino e Abele, da Giobbe a Giuda), la poesia dell’Ecclesiaste, intuendo pur nel suo scetticismo di non credente la grandezza del mistero, e quella di un eventuale progetto divino che potesse offrire una giustificazione all’esistenza del dolore e del male, e una proposta di perdono e salvezza. Da Cardinale della Chiesa Cattolica, Sua Eminenza Gianfranco Ravasi mette in luce ovviamente il fascino inquieto che la figura di Cristo e la sua crocifissione esercitarono su Borges, così come la grande ammirazione da lui provata di fronte al monumentale edificio teologico costruito da Dante nella Divina Commedia. Ma tace della preferenza più volte dichiarata dallo scrittore argentino per la storia e la letteratura ebraica (e addirittura per la cabbala), considerate fucina di tutto il sapere occidentale. E della sua pungente ironia verso molti atteggiamenti e dogmi cristiani, che in Elogio dell’ombra lo indussero a riscrivere in maniera quasi beffarda le Beatitudini, circoscrivendole in una morale del tutto umana, accessibile a chiunque: «Beati quelli che non hanno fame di giustizia, perché sanno che la nostra sorte, avversa o benevola, è opera del caso, che è imperscrutabile…».
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www.sololibri.net/La-Bibbia-secondo-Borges-Ravasi.html 14 dicembre 2017