RAINER MARIA RILKE, SILENZIO E TEMPESTA – MARCO SAYA EDIZIONI, MILANO 2019
Tra le innumerevoli pubblicazioni in italiano dell’opera di Rainer Maria Rilke (Praga 1875-Montreux 1926), l’ultima in ordine di apparizione è un’antologia che propone, con testo a fronte, un centinaio di poesie d’amore tratte da varie raccolte composte tra il 1897 e il 1908. Edito per i tipi milanesi di Marco Saya, il volume Silenzio e tempesta è stato curato e pregevolmente tradotto da Raffaela Fazio. In maniera pregevole, sottolineo, perché i versi di Rilke, già di per sé musicalmente irradianti, vengono resi qui con un’attenzione particolare al suono, e anche perché la traduttrice (poetessa, studiosa di iconografia e di storia delle religioni) riesce a completarne la fascinazione timbrica e semantica attraverso sensibili intuizioni trasformative.
Per fare subito un esempio di questa particolare abilità di Rafaela Fazio, nella prima poesia del libro, dove Rilke scriveva “Komm du mit mir. Es solls kein Morgen wissen” (Vieni con me. Nessun mattino lo deve sapere), la versione proposta suona: “Vieni. Il mattino non avrà sospetto alcuno”. Troppa libertà? Non mi pare. Semmai un’interpretazione emotivamente partecipe che mira a ricreare un’atmosfera di tacita e solidale alleanza tra i due amanti.
Tutte le poesie qui raccolte esalano appunto l’atmosfera di silenzioso, quasi segreto, accordo tra due attese, non comunicabile al resto del mondo, incapace di comprendere la delicata intensità del trasporto che le lega: la traduzione tende proprio ad accentuare il sentimento talvolta addirittura estenuato, tipico della poesia erotica rilkiana. Poeta ossessionato dall’amore, spesso elevato a una spiritualità disincarnata, priva di ogni ansia di possesso e dominio, ma trasfigurante il dato reale in favore dell’invisibile, dell’irraggiungibile, di un’armonia che si serve di indizi e formule terrene per arrivare all’ultraterreno: “La campagna è chiara, il pergolato scuro. / Tu parli piano e un miracolo è imminente. / La mia fede dispone ogni tua parola / come sacra icona sul viottolo silente. // Ti amo. Sulla sdraio del giardino sei distesa; /
dormono in grembo, bianche, le tue mani. / Spola d’argento, la mia vita riposa / in loro potere. Fa’ che il filo si dipani!”, “La mia anima come trattenerla / che la tua non sfiori? Come elevarla, / sopra di te, ad altro?”.
La passione, il tormento che sfibra le anime e i corpi di chi si desidera, sembra in realtà quasi per il poeta un pretesto letterario, nella sua classica e studiata solennità: “Solleviamo silenzio e tempesta / e questi ci formano entrambi. / Tu ‒ come seta il silenzio ci veste. / Io ‒ fatto torre dalle tempeste…”. Ci sono descrizioni fisiche, nelle liriche qui raccolte, ma rare, e talmente sublimate da risultare eteree, immateriali: “Così, se tu venissi, per placarmi / mi basterebbe sfiorare appena / la giovane curva della tua spalla / o il punto dove il seno preme”, “Alle tue labbra non lasciarmi bere: / sulle bocche è la rinuncia che ho bevuto. / Nelle tue braccia non farmi sprofondare: / dalle braccia io non sono trattenuto”, “Dalle tue ascelle ho scacciato grigi serpenti / d’amore. Ora, come su pietre cocenti, / su me riposano, intenti / a digerire grumi di piacere”, “O sorriso, primo sorriso, il nostro. / Era una sola cosa: respirare il profumo dei tigli, / ascoltare la quiete del parco, guardarsi / di colpo negli occhi, stupirsi fino al sorriso”.
Nella postfazione, Massimo Morasso commenta così i versi antologizzati: “una lettura amorosa dei testi d’amore del più amoroso fra i più significativi poeti lirici del ’900 tedesco”, ed esprimendo ammirazione per la versione “rivitalizzante… post-novecentesca” della Fazio, ne loda il tono “umile e concentrato” in grado di re-inventare il linguaggio rilkiano.
Allora, a proposito di questa intraprendenza traduttiva, è interessante segnalare almeno un’altra originale riscrittura della curatrice, audacemente intesa a preservare l’eco di rime e assonanze dell’originale: “Mir ist, als ob ich alles Licht verlöre. / Der Abend naht und heimlich wird das Haus; / ich breite einsam beide Arme aus, / und keiner sagt mir, wo ich hingehöre.” (alla lettera: “Per me è come se perdessi ogni luce. La sera si avvicina e nel segreto sta la casa; io solitario allargo le braccia, e nessuno mi dice a dove appartengo”). Trasposizione risolta in questo modo: “Mi sento come se perdessi ogni luce. / La casa si fa segreta. È quasi sera. / Apro le braccia, solo: dov’è la mia dimora? / Nessuno parla, nessuno me lo dice”. Senz’altro più vicina al gusto dei lettori di oggi.
© Riproduzione riservata «Il Pickwick», 1 dicembre 2019