RODOLFO ZUCCO, GLI OSPITI DISCRETI – ARAGNO, TORINO 2013

Rodolfo Zucco (Feltre, 1966), Professore di Linguistica all’Università di Udine, studioso della nostra letteratura settecentesca e novecentesca, e curatore dei due fondamentali Meridiani  Mondadori dedicati a Giovanni Giudici e Giovanni Raboni, ha pubblicato con l’editore Aragno nove saggi scritti tra il 1991 e il 2007, riguardanti la produzione in versi di altrettanti importanti poeti italiani del secondo 900. Nella nota di apertura, Andrea Cortellessa attribuisce la discrezione cui fa cenno il titolo del volume non solo «al carattere di chi firma i nove saggi qui raccolti», ma alla stessa «acribia» critica evidenziata dalla loro struttura, che partendo dall’esame di aspetti talvolta marginali, discreti, del testo poetico, «rinvia a un’ interpretazione complessiva» dell’opera e dell’autore preso in esame. E Zucco precisa ulteriormente, nella sua premessa, il senso da attribuire al titolo scelto (dopo sofferta gestazione!): «Si può ben parlare di ‘ospiti’ in ragione della mia lunga ‘convivenza’ con loro in un ventennio di studi e di scrittura. Ma è altrettanto importante per me l’accezione di ‘ospite’. Sono ospiti, i miei autori, nel senso che mi ospitano o mi hanno ospitato: giacché la loro opera veicola infine gusti miei, determinate zone della mia sensibilità».

Il libro si apre infatti con uno studio su Vittorio Sereni, che si rivela un affettuosissimo omaggio, più che al poeta, alla persona: nella rievocazione di particolari biografici (talvolta commoventi, talaltra spiritosi) che offrivano spunti alle dediche delle sue poesie, spesso poi cassate nella pubblicazione a stampa, a causa «della riservatezza dei sentimenti che doveva essere un tratto dell’uomo».
Altri saggi «procedono essenzialmente come accertamenti di fatti linguistici e metrici (il verso, la rima e la strofa)». Ad esempio l’indagine su rima, rima interna, enjambement intesi come segnali specifici dell’oralità nella produzione di Giudici. O il rilievo dato all’uso della citazione e dell’allusione in Raboni. O ancora, nel confronto tra due libri di Valerio Magrelli (Ora serrata retinae  e  Nature e venature), la sottolineatura del mutamento dell’ autocoscienza critica – attraverso lo studio di analogie, metafore, deissi, metrica- nella severa tensione autoriflessiva che da sempre caratterizza la produzione del poeta romano. Di particolare interesse, pur presentando qualche difficoltà per il lettore non specialistico, è il saggio sui «versi a gradino» di Giorgio Caproni, ereditati dalla divisione in battute della lirica teatrale, attraverso differenti epoche e generi poetici, da Leopardi a Gozzano.
A Fernando Bandini, suo maestro negli anni universitari a Padova, Rodolfo Zucco dedica un lungo studio che del poeta vicentino esplora la cospicua attività di traduttore, in particolare da Baudelaire. La produzione in versi di Iolanda Insana e di Eugenio De Signoribus viene minuziosamente analizzata negli esiti formali sintatticamente contorti e febbrili dell’una, attenti con virtuosistica perizia all’uso delle rime nell’altro.
Infine, l’ultimo saggio del volume è dedicato a un poeta sottovalutato e quasi dimenticato, Ferruccio Benzoni, di cui si considera il libro del 1998  Sguardo dalla finestra d’inverno, con le sue derivazioni da Fortini e Sereni, e la particolare «strategia della negazione», sempre comunque all’insegna di un dettato elegante e discreto. E se Zucco conclude le sue letture, di autorevolissima competenza critica, ricordando che nella poesia è quanto mai implicita una «vocazione alla felicità», sono le parole di Raboni che meglio offrono la chiave di interpretazione di questi studi, approfonditi e comparativi: «nella vita di una poesia…ci sono tante altre vite, le vite di tante altre poesie».

«L’Immaginazione»  n. 279, febbraio 2014