LUIGI SOCCI, PREVENZIONI DEL TEMPO ‒ VALIGIE ROSSE, VECCHIANO (PI), 2017
Del poeta marchigiano Luigi Socci (Ancona 1966) è stato pubblicato finora un solo libro (Il rovescio del dolore, Italic Pequod 2013), ma molto della sua produzione è presente in varie antologie, in plaquette, su riviste e in rete: inoltre di lui sono note l’attività di organizzatore di eventi artistici e manifestazioni poetiche, e le frequenti e applaudite esibizioni in performance e letture pubbliche, o in festival di poesia in giro per l’Italia. Prevenzioni del tempo, uscito quest’anno per i tipi di Valigie Rosse e vincitore del Premio Ciampi 2017, offre un’anticipazione del volume cui Socci sta lavorando. L’acuta postfazione, affidata a Paolo Maccari (che anche in queste poche pagine si conferma essere uno dei più notevoli critici letterari del panorama letterario italiano) mette in luce le caratteristiche fondamentali di questi testi: l’ironia “molesta”, l’understatement, la malinconia “sorniona”, la leggerezza parodica, l’inventività fonica, l’originalità destrutturante della sintassi.
Nessuno sperimentalismo linguistico fine a se stesso (forse, qualche eco di un divertito Palazzeschi, di un epigrammatico Caproni, di un istrionesco Scialoja), ma sempre un esplicito intento comunicativo, che ambisce a un richiamo etico mai didascalico, e nemmeno pedantesco: semmai oscillante tra una rassegnata accettazione del reale e un utopistico inseguimento dell’ideale. L’osservazione di ciò che ci circonda, lo sguardo attento e disincantato sugli oggetti più banali della nostra quotidianità (sedie, maniglie, parcheggi, acqua dei rubinetti, armadi, tagliacarte…) rivelano al poeta ciò che è «Assurdo e ovvio / allo stesso tempo», davanti a cui si può esprimere solo meraviglia, stupore quasi fanciullesco, e divertita incredulità: «Il trucco sta nel farsi / colpire a effetto / sorpresa trasecolare per tutto / restare a bocca aperta con le mosche / che ci volano dentro esterrefatti / per la scoperta dell’acqua calda».
Le cose, le persone, il linguaggio stesso che usiamo rivelano una misteriosa e quasi buffa inconsistenza, che ci lascia attoniti e immobili a chiederci ragione e fini del loro esistere. Se il poeta cammina «contromano per le strade / come su un nastro trasportatore / cammina un camminatore / dalla parte sbagliata del marciapiedi», lo fa in quanto avverte la falsità dei rapporti, la stupidità dei luoghi comuni, l’inessenzialità della parola quando diventa abusata, superflua. L’elenco dei modi di dire, svuotati di significato, ridicolmente sfruttati, è impietoso («non c’è più religione», «non ci sono più le morte / stagioni di una volta»), quanto la satira dei Poetry Slam e della poesia visiva: «adesso vi faccio vedere una cosa // … adesso vi faccio veder un video / adesso vi faccio vedere i filmini / del viaggio di nozze scherzavo / adesso vi faccio vedere un audio // … adesso vi faccio vedere tutto / adesso vi faccio vedere ecco»; «‒ Mi giro i pollici / perché abbastanza corti / facile no? / Provo a girarmi gli indici / per scoprire che non si può. // … ‒ Sto aspettando che venga un verso / come una bocca che aspetta un morso».
I tre disegni di Riccardo Sevieri che corredano il volume richiamano nella loro schematica essenzialità sia l’infantile sbigottimento dei versi di Socci, sia il loro beffardo interrogativo sulla precarietà di ciò che si spaccia per vero e reale: «Questa cosa che manca / che si inventa di sana pianta / non hai vinto ritenta / di riconoscerla da un’impronta». Le poche, labili tracce che lasciamo dietro di noi sono illusorie e in qualche modo risibili. Luigi Socci, clemente e insieme severo censore dell’attualità, lo ricorda sornione a tutti: «Che cos’hai da non dire?»
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www.sololibri.net/Prevenzioni-del-tempo-Socci.html 22 dicembre 2017