BIANCA TAROZZI, TRE PER DIECI – CICERO, VENEZIA 2013

Bianca Tarozzi, stimata traduttrice dall’inglese e per anni docente universitaria di letteratura anglo-americana, si è occupata egregiamente di critica letteraria e di poesia, pubblicando numerose raccolte di versi. In questo volume, il titolo allude alla scansione delle trenta liriche in dieci sezioni, ciascuna delle quali contiene tre composizioni accomunate dallo stesso tema. Il fil rouge che attraversa il libro è quello della memoria, di un intenerito omaggio al proprio passato, rivisitato nei suoi aspetti più pregnanti, commossi, e graffiati nel cuore. Quindi i giochi infantili, in brigate rissose e vivaci, in una natura campestre ancora amica e complice; i primi amori e i progetti sul futuro; gli incubi e le paure irrazionali; le letture e il mondo fantastico delle biblioteche; i ritratti di amicizie femminili; la sostanziale estraneità all’esibito pragmatismo sociale; il ricordo dell’arte magica del ricamo, perduto irrimediabilmente nell’attuale e disanimata produzione industriale: «Il vestito col punto a nido d’ape / si metteva soltanto la domenica, / nelle grandi occasioni, / alle feste e alle prime comunioni.//… Le sarte specialiste ora purtroppo / han cambiato mestiere. Anche le api / vanno vagando in luoghi ove si è rotto / l’equilibrio ecologico, a zig zag, // non più dolci ma amare, / perso l’orientamento e l’alveare».

Il rimpianto per il tempo trascorso, per il mondo d’antan, non riguarda tuttavia solamente la realtà esterna: è soprattutto disillusione e rincrescimento rispetto alle scelte non fatte, alle occasioni sprecate, alle ambizioni rinnegate: «l’angoscia sempre torna / per ogni cosa persa, trafugata, / scomparsa in qualche sacca della vita, / di cui devo rispondere… //…quando mi chiederanno i miei talenti / io piangendo dovrò dissotterrarli?»; «La mente / l’ha tradita, volava intorno al niente»; «Dopo aver evitato quasi sempre / con cura di scontrarsi con la vita / (bastava in fondo restarsene di lato/ guardare senza essere guardati)…»; «Il mondo mi tirava dalla sua, / l’arte dall’altra parte. / Incerta, mi affidavo / a sintassi e grammatiche / prescrittive, automatiche, / a statistiche regole».

Il passato, allora, è rifugio e consolazione («Impensabile / impossibile / invisibile / passato»), e Bianca Tarozzi lo offre ai lettori con la dolcezza di tonalità sfumate, spesso cantilenanti nell’assiduità delle rime baciate, di una metrica tradizionale, di echi letterari primonovecenteschi (Gozzano, soprattutto), sullo sfondo suggestivo di una sua Venezia magica.

 

«Leggere Donna» n.163, luglio 2014